Ed eccoci arrivati a parlare del
capolavoro dei capolavori: la Divina Commedia
di Dante Alighieri. Non ero sicura di volerla affrontare, soprattutto
perché, ripensando ai miei anni scolastici, me la ricordavo
estremamente difficile. Ormai però mi ero messa in testa di leggerla e, armatami di tutta la mia buona volontà, ho compiuto il mio proposito. Appena terminata, sono rimasta a bocca aperta: non avevo mai,
e dico mai, trovato un'opera così ricca di letteratura, filosofia,
scienza ed immaginazione come la Divina Commedia!
Dante ci ha lavorato per molti anni e capisco il perché; fatto sta
che ogni cosa descritta appare chiara e viva davanti agli occhi.
Dopo
questo proemio, che pare un po' esaltato (dovete scusarmi, ma mi è
piaciuta troppo!), passiamo all'analisi dell'opera. La Commedia
si compone di tre cantiche,
ciascuna dedicata a un diverso regno ultraterreno (Inferno,
Purgatorio e
Paradiso), ognuna
composta da trentatré canti (più una di introduzione posta
all'inizio dell'Inferno).
Il numero tre ha una valenza simbolica: esso indica infatti la
Santissima Trinità; sono presenti in modo ricorrente anche il numero
nove (tre volte tre) e il dieci (considerato il numero perfetto). I
canti sono composti in terzine di endecasillabi a rima incatenata
(quindi ABA BCB CDC...). Ciascuno dei tre regni, inoltre, è diviso
in modo da ottenere una ripartizione simmetrica e, ovviamente,
simbolica: l'Inferno è composto da nove cerchi più un vestibolo; il
purgatorio di nove zone (una spiaggia, un antipurgatorio e sette
cornici) più il Paradiso terrestre; il Paradiso di nove cieli più
l'Empireo. Ogni cantica termina con la parola “stelle”, la quale
indica l'anelito verso l'alto, quindi verso Dio, che pervade l'uomo.
L'uso dell'allegoria è costante per tutto il poema: Dante, ad
esempio, rappresenta l'intera umanità, Virgilio la Ragione, Beatrice
la Teologia, ecc. Dante, tra le altre cose, espone qui la sua
importante teoria dei “due soli”, quella cioè che prevede che il
potere temporale sia dell'Imperatore, mentre quello spirituale della
Chiesa, senza che l'uno si intrometta nella sfera di competenza
dell'altro.
All'età
di trentacinque anni, nel mezzo di quella che la Bibbia indicava come
la durata della vita umana, Dante inizia il suo viaggio nell'aldilà, il quale durerà sette giorni, dalla notte del giovedì
santo alla notte del giovedì dopo la Pasqua del 1300. Dante insiste
nel dire che il suo è stato un viaggio reale e non una “visione”;
questa affermazione non è un sintomo di pazzia, ma sta ad indicare
che il suo racconto contiene verità religiose ispirate direttamente
dalla Grazia Divina. Dio ha scelto proprio lui per le sue doti
poetiche e infatti, per ben tre volte, Dante verrà incaricato di
scrivere ciò che vede.
Riassumere
l'opera è impossibile perché i personaggi che compaiono sono
moltissimi e lo stesso vale per i temi trattati. Spero comunque che
questo post, nonostante sia così misero, vi invogli a leggere la
Divina Commedia.
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