mercoledì 19 novembre 2014

Pietro Abelardo

Mi è capitata tra le mani una breve antologia di testi di Abelardo, importante pensatore medievale, conosciuto soprattutto per la sua tragica storia d'amore con Eloisa, rapporto famoso quanto quello di Tristano e Isotta o Giulietta e Romeo, solo che vero e con conseguenze devastanti.

I libri da cui sono presi i brani esposti sono tratti dalla Theologia Scholarium, dalla Theologia Summi Boni e dal Dialogus inter Philosophum, Judaeum et Christianum. Farò una breve sintesi, anche se vi invito a leggere le opere intere. So che il medioevo non è proprio il periodo più simpatico della filosofia, ma Abelardo ha sempre dimostrato una grande libertà di pensiero e la sua esposizione è piuttosto fluida.

Per Abelardo tre sono le cose con le quali si giunge alla salvezza: la fede, la speranza e la carità. La fede è il fondamento di tutti i beni; essa è un dono ed è la prova dell'esistenza di ciò che non vediamo. La speranza è l'attesa di qualcosa che è bene per noi conseguire, mentre la carità è il vero amore, quello che consiste nella volontà buona verso l'altro considerato in se stesso.
Già i filosofi pagani avevano parlato della Trinità, soprattutto i neoplatonici con l'importanza data al Nous (intelletto). L''Uno di Plotino diventa quindi Dio e da lui nasce il Nous, cioè la Sapienza di Dio, identificata con il Figlio; da esso, infine, nasce lo Spirito Santo, cioè l'anima mundi, che, degenerando, dà vita ai corpi materiali (concezione di Macrobio, autore al quale Abelardo si rifà spesso). Quindi lo Spirito Santo è anima, cioè vita, delle nostre anime; l'anima, facendo uso della ragione, ottiene la sua somiglianza con la sapienza divina. Dio è venuto incontro alla nostra ignoranza quando si è dato a noi nell'incarnazione del Figlio (che, ricordiamo, è la ragione).
Padre, Figlio e Spirito sono il Sommo Bene che si manifesta nella rivelazione: essi sono una sostanza unica ma hanno proprietà diverse. Spieghiamo meglio: ad esempio io, mia madre e mia sorella abbiamo nomi diversi e questo rappresenta la nostra proprietà, ma, allo stesso tempo, siamo tutte e tre donne, quindi nella sostanza siamo uguali; lo stesso discorso vale per la Trinità e, con questo argomento basato sul linguaggio, Abelardo tenta di porre termine all'interminabile disputa se la Trinità sia composta da sostanze distinte o se sia una. Dio indica la potenza di colui che può fare tutto ciò che vuole, il Figlio o Verbo è la sapienza con la quale può discernere tutte le cose e lo Spirito Santo è la carità, cioè l'amore con cui Dio vuole che tutte le cose siano costituite e disposte al meglio, in modo che ogni cosa possa svilupparsi nel miglior modo possibile.
Per parlare di Dio bisogna usare delle similitudini, perché il nostro linguaggio è limitato: Abelardo parla quindi del sigillo di bronzo. Il bronzo rappresenta Dio, il sigillo con il quale si può imprimere il segno è il Figlio, il sigillo nell'atto del sigillare è lo Spirito e, quando il sigillo imprime la sua forma, si ha l'atto della creazione.
Nella Pentecoste si compiono i doni della carità e della dottrina concesse da Dio agli uomini: solo esse hanno reso perfetti i discepoli. Grazie allo Spirito, Dio ci offre la grazia e infonde in noi la carità che è la madre di tutte le virtù, a cominciare da quelle cardinali (giustizia, prudenza, fortezza, temperanza); quindi, ciò che crediamo sia nostro merito in realtà è dono di Dio.
Per Abelardo non c'è opposizione tra fede e ragione perché i veri cristiani sono i veri filosofi, in quanto la loro ragione è in grado di cogliere la verità.
Dio, amandoci e rivelandosi gradualmente come nostro bene, ci spinge a riamarlo ed è questa la profonda dinamica della carità.

Come potete bene immaginare, Abelardo non ha vissuto una vita tranquilla a causa delle sue teorie. I teologi medievali, passatemi il termine, erano dei gran rompi coglioni e un minimo di libertà di pensiero che si discostasse dalla “vera dottrina” veniva subito malvista. Per fortuna gli intellettuali non si sono fatti scoraggiare da questo atteggiamento repressivo e molti autori hanno dato contributi profondi alla teologia e alla filosofia. Può sembrare una cosa noiosa approfondire queste cose, ma, che lo vogliamo o no, la nostra storia e il nostro pensiero derivano anche da tutto questo.

martedì 11 novembre 2014

Tre croci

Tozzi è in assoluto uno dei miei autori preferiti: secco, senza giri di parole, malinconico ma senza essere pesante.

Tre croci narra le vicende di tre fratelli, Giulio, Niccolò ed Enrico Gambi (Tozzi si è ispirato ad un fatto vero per il romanzo). I primi due sono proprietari di una libreria, mentre il terzo si occupa di una legatoria, ma senza impegnarsi troppo. Ad Enrico, infatti, non piace lavorare, ma si atteggia da signore anche se non lo è. Giulio è intelligente e appassionato del suo lavoro; Niccolò, invece, è un esperto di oggetti d'arte, all'apparenza scontroso ma in realtà simpatico, in quanto la gente apprezza il suo modo di scherzare e la sua risata contagiosa. Con i tre fratelli abitano Modesta, la moglie di Niccolò, e due nipoti, Chiarina e Lola. Gli affari dei Gambi, però, vanno molto male e da qualche tempo Giulio, d'accordo con gli altri due, ha trovato il modo per risollevarsi economicamente: falsificare alcune cambiali usando la firma del cavalier Nicchioli. Questi aveva già dato loro delle cambiali autentiche e quindi nessuno aveva mai sospettato di loro, fino a quando un impiegato troppo zelante della Banca non scopre l'inganno. La vita dei tre fratelli cambia drasticamente: i sensi di colpa, già provati in passato per l'azione disonesta compiuta ai danni del loro conoscente, sono ora insostenibili e tutti ormai voltano loro le spalle. Per non perdere tutto cercano di pensare in fretta ad un modo per risollevarsi, ma il destino non è dalla loro parte...

Tre croci è un romanzo intenso, dove la psicologia dei tre fratelli Gambi è ben approfondita, nonostante Tozzi non la descriva nel dettaglio, ma la faccia trapelare da brevi e serrati dialoghi e da piccoli gesti. L'asciuttezza dello stile può ricordare il verismo del Verga, mentre la riflessione psicologica sul peccato e il senso di colpa non può non richiamare Dostoevskij in tutta la sua grandezza. Posso solo dire che Tozzi è un gioiello della nostra letteratura che va riscoperto e amato.

martedì 4 novembre 2014

Via col vento

Anche questa recensione, come la precedente, tratta di un romanzo ambientato nel Sud degli Stati Uniti. Prima, però, devo fare una confessione: Via col vento è uno dei miei film preferiti. Dopo averlo visto innumerevoli volte ho finalmente trovato il libro di Margaret Mitchell, innamorandomene ancora di più. So che sembra strano, ma la storia e i personaggi sono di tutto rispetto e non è assolutamente scontato né banale. Vi consiglio fin d'ora di armarvi di pazienza e di leggerlo perché ne vale davvero la pena! Stesso consiglio sulla pazienza vale anche per il film vista la sua non indifferente durata!

Siamo in Georgia, nella piantagione di Tara, dove la bellissima Rossella O'Hara sta chiaccherando piacevolmente con i gemelli Tarleton. La giovane dagli occhi di gatto è la più corteggiata della contea e non vede l'ora di partecipare alla festa del giorno successivo alle Dodici Querce. Peccato però che l'attesa venga rovinata dalla notizia che il suo adorato Ashley (l'unico che non la vuole, ma solo in apparenza) si stia per sposare con l'insignificante Melania! Rossella non si dà per vinta e, durante la festa, gli confessa il suo amore. Ad assistere alla discussione fra i due c'è il capitano Rhett Butler, uomo affascinante, cinico e beffardo. Rossella, per ripicca verso Ashley, sposa Carlo, il fratello di Melania. I vari matrimoni vengono celebrati in tutta fretta perché il Sud sta per entrare in guerra contro gli Stati del nord. Il conflitto porterà morte e distruzione, toglierà il sistema della schiavitù e ucciderà Carlo. Rossella e Melania si trasferiscono ad Atlanta e, proprio durante l'assedio della città, Melania darà alla luce un bambino. Grazie all'aiuto di Rhett, le due giovani riescono a fuggire a Tara. La magnifica piantagione, però, non è più la stessa: Elena, la madre di Rossella, è morta e Gerald, suo padre, impazzito dal dolore, non è più il caparbio irlandese di un tempo. Rossella non demorde neanche questa volta, ma si rimbocca le maniche e lavora la terra, costringendo i vecchi servi neri rimasti e le sue sorelle ad aiutarla. Nel frattempo ritorna pure Ashley, ma non è di nessun aiuto perché totalmente incapace di fare il coltivatore. Rossella, per pagare le tasse esagerate imposte dagli yankee, decide di chiedere aiuto a Rhett, il quale si è arricchito durante la guerra in modo poco chiaro e poco pulito. Purtroppo però, non può esserle d'aiuto perché si trova in carcere, ma le vie del Signore sono infinite e Rossella, appena uscita dalla prigione, trova Franco Kennedy, lo spasimante di sua sorella. Con l'inganno, la bella e furba Miss O'Hara lo sposa e intraprende la carriera di commerciante. Anche Franco farà però una brutta fine. Ed ecco che finalmente Rhett le chiede di sposarlo! Sa benissimo che Rossella pensa ad Ashley, ma spera in un suo cambiamento.

Via col vento non è solo una storia d'amore, ma è anche uno scorcio di storia degli Stati Uniti, dalla guerra di Secessione a tutti i problemi che essa ha comportato, come la libertà degli schiavi, il governo poco pulito dei nordisti, la nascita del Ku Klux Klan ecc. E' vero che l'amore la fa da padrone, ma non è trattato come un sentimento banale, anzi. Ciò che Rossella prova verso Ashley è fondato su una visione costruita su di lui che non rispecchia la realtà; Ashley desidera Rossella solo per il suo corpo, mentre Rhett per la sua mente, mostrando in questo di essere davvero capace di amare, nonostante la sua aria di menefreghismo assoluto. I personaggi di Rossella e Melania sono diversissimi, ma entrambi splendidi: la prima è egoista, opportunista, pronta a tutto pur di far quattrini, mentre la seconda è dolce e comprensiva, ma forte e decisa quando serve. Rossella odia Melania, ma senza di lei non può stare perché, nonostante la sua fragilità, è proprio lei ad aiutarla in ogni momento della sua vita. Anche i personaggi maschili sono molto dissimili tra loro: Rhett è il bello e maledetto, il rinnegato, alla fine migliore di tutti gli altri; Ashley, invece, è un uomo inutile, incapace di stare al mondo.

Che dire, in questo romanzo c'è di tutto ed è davvero uno dei capolavori della letteratura americana (so che sono di parte, ma credetemi lo stesso)!