domenica 29 marzo 2015

Denti bianchi

Oggi parliamo di Denti bianchi, un'opera dell'autrice inglese Zadie Smith.

Archibald Jones, inglese e incapace di prendere qualsiasi decisione, e Samad Miah Iqbal, bengalese alla ricerca costante di Allah, sono vecchi amici che hanno combattuto insieme durante la Seconda guerra mondiale. Il 1974 segna l'inizio alla storia: Archie, poco dopo aver tentato il suicidio, incontra la bellissima, giovanissima, nerissima, ma senza denti, giamaicana Clara Bowden che, nel giro di pochi mesi, diventa sua moglie. Clara e Alsana, la sposa di Samad, nonostante la diffidenza iniziale, stringono amicizia e ad unirle è la gravidanza. Da questi strani matrimoni, il primo fatto per sfuggire ai testimoni di Geova e il secondo combinato, nasceranno Irie e i due gemelli Magid e Millat. Samad, impegolato in una stramba relazione con l'insegnante di musica dei suoi figli, decide di mandare Magid, uno dei due gemelli, nel suo paese d'origine per allontanarlo dalle tentazioni dell'Occidente e per farlo diventare un vero musulmano, ma questa decisione porterà la sua famiglia allo sfacelo. Millat, invece, diventa un ragazzo bellissimo, dedito alle droghe e alle ragazze bianche; un giorno, però, lui, Irie e Joshua Chalfen vengono scoperti mentre fumano erba. Il preside della scuola decide di farli studiare insieme a casa di Joshua, il cui padre è uno scienziato eugenista, mentre la madre un'esperta di giardinaggio che, innamorandosi di Millat, cerca di aiutarlo in tutti i modi. Il risultato sarà che il gemello “londinese” entrerà a far parte del KEVIN, cioè un gruppo di fondamentalisti islamici. Il ritorno fortemente voluto dalla signora Chalfen di Magid, ormai trasformato in un vero inglese nonostante la sua lontananza dalla Gran Bretagna, complicherà ancora di più le cose.

Le situazioni narrate in Denti bianchi spesso sfiorano l'assurdo, ma non per questo risultano inverosimili. I grandi temi del romanzo sono quelli del razzismo, della religione, del fondamentalismo e del conflitto generazionale. Ogni personaggio proviene da un paese diverso (Archi è inglese, Samad bengalese, Clara giamaicana) e l'incredibile è che non solo si ha un odio tra bianchi e neri, ma anche tra indiani e persone con un colore più scuro di pelle. Alsana, inizialmente, non vede di buon occhio il matrimonio tra Archie e Clara proprio perché quest'ultima è nera. Altro ruolo fondamentale nell'opera lo hanno i vari culti religiosi, che l'autrice descrive con tutti i loro paradossi: basti pensare alla mamma di Clara, una testimone di Geova più che convinta, che attende con ansia la fine del mondo promessa da Dio o la speranza di Samad di poter trasformare almeno uno dei suoi figli in un musulmano perfetto. Questa fede esasperata nella religione non può che portare all'estremismo. Ma il fondamentalismo esce anche dall'ambito propriamente religioso: Joshua, stanco della propria famiglia, diventa attivista in un'organizzazione a favore degli animali, mentre suo padre è completamente votato alla scienza e, in particolare, cerca di soppiantare Dio manipolando geneticamente un topo. Le due generazioni di immigrati tentano disperatamente di rimanere attaccate alle loro radici, ma l'Occidente le schiaccia, creando così in loro una profonda scissione.
I temi del romanzo sono più di questi, ma analizzarli tutti è impossibile.

Denti bianchi è una descrizione, anche se un po' marcata, dei conflitti che lacerano la nostra società e per questo ne consiglio a tutti la lettura.

martedì 17 marzo 2015

I duellanti

Dopo qualche settimana di silenzio rieccomi qui. Nonostante i vari impegni sono riuscita a dedicarmi alla lettura e, ovviamente, non posso non rendervi partecipi!
Oggi ho deciso di parlare de I duellanti di Conrad, un'opera molto breve, ma molto simpatica, che si legge in neanche due ore.

Il tenente D'Hubert è incaricato di arrestare il tenente Feraud che, durante un duello, ha ferito un rispettabile e influente borghese di Strasburgo. Dopo aver interrogato la cameriera del “colpevole”, D'Hubert lo trova a casa di Madame de Lionne: Feraud è furibondo per essere stato portato via durante un evento mondano e, appena giunto nella sua abitazione, sfida a duello il suo “carceriere”. D'Hubert è estremamente perplesso e cerca di evitare uno scontro così inutile, ma, alla fine, le leggi dell'onore non possono essere ignorate e la sfida ha inizio. Il bel D'Hubert ha la meglio e, poche ore dopo, tutti i soldati della guarnigione cominciano a domandarsi le ragioni di ciò che è accaduto. La storia prosegue e i nostri duellanti si ritrovano in diverse occasioni e, nonostante combattano fianco a fianco durante la campagna di Russia (siamo durante l'epoca napoleonica), i due non cessano di provare una sorta di odio reciproco e i loro duelli si susseguono. Tra i soldati ormai sono diventati una leggenda, soprattutto perché nessuno conosce le ragioni di un accanimento così feroce. Naturalmente questi duelli non dureranno per sempre...

I duellanti è un'opera interessante sotto diversi aspetti: prima di tutto, i due personaggi sono legati indissolubilmente da un legame stranissimo che, nonostante li porti a combattere tra loro, li unisce in una sorta di amore che li rende dipendenti l'uno dall'altro. L'ironia di certo non manca, soprattutto nella descrizione degli ambienti borghesi e del sentimento dell'onore, ed è divertente l'atteggiamento di Feraud che vede nei successi di D'Hubert un'offesa verso di sé. Anche le situazioni in cui avvengono i duelli e le persone che a volte assistono fanno sorridere per la loro assurdità.
Nonostante non sia tra i romanzi più famosi di Conrad, vi assicuro che leggere I duellanti è un piacere di cui non dovete assolutamente privarvi!

lunedì 2 marzo 2015

La favola delle api

Quella che vi propongo oggi è una delle opere più controverse delle storia: La favola delle api di Bernard de Mandeville. La favola è molto breve e non è neppure un capolavoro della letteratura, ma, a renderla interessante, sono le note scritte dall'autore stesso per spiegare le sue sconcertanti teorie.

La favola descrive un alveare prospero e temuto dalle api vicine; le abitanti vivono bene, anche quelle più povere. Ogni ape segue il proprio interesse, circondandosi di lusso e piaceri, ma vede questi difetti nelle altre e perciò se ne lamenta con Giove; il dio, allora, le accontenta facendole diventare tutte virtuose. Il risultato però è incredibile: ogni commercio, ogni arte, ogni scienza cessano di esistere perché nessuno vuole più vivere nel lusso e molte api sono così costrette ad emigrare per cercare lavoro altrove; le poche che rimangono, invece, tornano ad uno stato di natura precedente a qualsiasi tipo di civiltà. Insomma, la morale della favola è che la virtù non serve proprio a niente!
Mandeville, nelle note che corredano il breve testo appena descritto, spiega dettagliatamente il suo pensiero. Una società, per essere ricca e prospera, ha un bisogno assoluto del vizio perché è proprio quello che consente al commercio di muoversi, quindi di produrre ma anche di inventare. Se ci accontentassimo di ciò che ci è strettamente necessario, milioni di persone non saprebbero più come vivere. Gli stessi ladri sono fondamentali perché, grazie a loro, lavorano le forze dell'ordine, i giudici, i carcerieri, ecc. Per non parlare della prostituzione: se non ci fossero le donne di piacere, gli uomini attenterebbero alla virtù delle donne oneste, in modo che nessuna potrebbe conservarsi illibata per il suo sposo e non potrebbe sfoggiare la propria pudicizia. Ovviamente bisogna che il vizio venga controllato e che non degeneri: a questo serve la politica. L'uomo, essendo per natura vizioso e pigro, deve compiere un grande sforzo per seguire un minimo di virtù, ma i politici possono alleviargli il compito adulandolo e biasimandolo, sfruttando così i suoi sentimenti di vergogna e d'onore. Proprio questi fattori hanno permesso alla società di nascere, creando un compromesso vantaggioso per l'essere umano: rispettando qualche regola, esso può soddisfare i propri desideri senza doversi sforzare troppo. Qualche politico ingegnoso ha capito tutto ciò e ha spinto gli umani a lavorare per gli altri in modo che ognuno potesse perseguire i propri fini. La società è dominata dall'ipocrisia in quanto i pensieri sono liberi ed è necessario mascherarli per poter continuare ad ottenere il proprio utile in tutta tranquillità. L'amor di sé dell'individuo, cioè il suo tener conto di ciò che gli altri pensano della sua persona e il mostrarsi un uomo d'onore, retto e giusto, è fondamentale per l'autoconservazione e per non aver nemici, sempre per poter agire liberamente, anche a danno degli altri. L'uomo può vivere virtuosamente solo in piccole società composte da pochi membri.

Dall'analisi di Mandeville emerge un quadro davvero terribile: l'uomo è l'animale meno adatto alla socievolezza e tutto ciò che fa lo fa per se stesso. Molti pensatori dell'epoca e non si sono scatenati contro l'autore della Favola, ma, pensandoci con attenzione, non si può dargli del tutto torto.