giovedì 26 dicembre 2013

Il dottor Zivago

Il dottor Zivago è un romanzo, pubblicato per la prima volta da Feltrinelli nel 1957, di Borìs Pasternàk.

Protagonista dell'opera è il medico Jurij Zivago, la cui storia viene seguita negli anni compresi tra la sua infanzia, nel periodo della rivoluzione del 1905, e la sua morte, avvenuta prematuramente alla fine degli anni '20. Jurij, dopo aver perso la madre in tenera età, cresce a casa della famiglia Gromeko e sposa la figlia del suo benefattore Tonja. Mentre è in guerra come medico conosce Lara: tra i due scoppia una travolgente passione che li terrà uniti, anche nei momenti di distanza, per tutta la vita. Le vicende del dottor Zivago e degli altri personaggi del romanzo sono segnate, direttamente o indirettamente, dagli eventi storici dei primi del Novecento: dall'insurrezione del 1905, dalla guerra contro l'Austria del 1914, dalla rivoluzione bolscevica del 1917, dalla guerra civile seguita a quest'ultima che ha sconvolto profondamente i territori della grande Russia. Dalle pagine de Il dottor Zivago si intuisce che Pasternàk è convinto della necessità di un cambiamento, di una rivoluzione, ma all'uomo è di fondamentale importanza anche il mantenere viva la sua parte spirituale, religiosa, per non finire nella mera violenza. Accanto alla storia, l'autore dà il via a diverse riflessioni che riguardano aspetti profondi dell'esistenza, come la vita dell'uomo e il suo rapporto con la natura, la storia, l'arte e la religione.

L'opera è composta da sedici grandi capitoli, a loro volta suddivisi in diversi brevi paragrafi e, alla fine, sono riportate venticinque poesie scritte dal dottor Zivago. Pasternàk, anche durante il romanzo vero e proprio, dà prova della sua grande dote poetica, soprattutto nelle descrizioni degli enormi paesaggi della Russia e nel parlare di Lara. Quest'ultima, infatti, è sempre accompagnata da riflessioni sulla vita, sui rapporti che legano gli uomini e sull'accordo con la natura.

Il dottor Zivago è un libro che riesce a penetrare in profondità nella mente e nel cuore del lettore ed è perciò comprensibile il grande successo che ha ottenuto fin dalla sua prima apparizione. I toni sono malinconici, mesti, ma si rimane comunque affascinati e intrappolati all'interno dell'opera, riuscendo a immedesimarsi nei personaggi e a calarsi completamente all'interno della storia russa d'inizio Novecento.

domenica 15 dicembre 2013

Anna Karenina

Anna Karenina è un romanzo, pubblicato tra il 1875 e il 1877, di Lev Tolstoj.

Dolly è una madre amorevole di una numerosa prole, tormentata però dai tradimenti del marito, Stepan Oblonskij, uomo spensierato e amante dei piaceri della vita. Per ristabilire la pace fra i due coniugi, viene chiamata da Stepan la sorella Anna, la quale giunge a Mosca da Pietroburgo, città in cui conduce con il marito Karenin, un alto e importante funzionario imperiale, una vita coniugale priva di qualsiasi gioia, rischiarata solo dall'amore per il figlio Sereza. Durante il suo soggiorno moscovita, Anna conosce Vronskij, un giovane ufficiale, il quale sembrerebbe far la corte a Kitty, la sorella di Dolly. Fin dal loro primo incontro scatta una passione travolgente: Vronskij segue Anna a Pietroburgo e, ben presto, la loro storia diventa di dominio pubblico, procurando ai due grossissime difficoltà. Con il passare del tempo, la loro storia d'amore li porterà ad un tragico epilogo. Kitty, invece, dopo essersi ripresa dall'offesa ricevuta da Vronskij, sposa Levin, un giovane serio e operoso, innamorato di lei.

Anna è una donna complessa, tormentata dai sensi di colpa verso il marito e verso il figlio, sola perché disprezzata da tutta l'alta società di cui faceva parte, oppressa dalla sensazione di non essere più amata da Vronskij. Quest'ultimo, infatti, sente come un peso l'attaccamento geloso di lei, nonostante lui abbia rinunciato a tutto per starle accanto. Karenin, il marito di Anna, è invece un uomo freddo, al quale interessano solo le convenienze sociali, arrivando addirittura a “tollerare” l'adulterio della moglie, purché ella non dia luogo a qualche scandalo, compromettendolo agli occhi della società. Dolly è gelosa della forza di Anna e del suo amore per Vronskij, ma si rassegna a vivere con il marito Stepan e a trarre felicità dai propri figli. Levin è un uomo attaccato alla terra, in costante comunione con la natura e con i contadini che la lavorano; il suo tormento è dato dalla mancanza di fede, ma, nonostante i mille pensieri a cui non riesce a trovare delle risposte, è felice grazie al matrimonio con Kitty. La storia d'amore di Levin e Kitty fa da contraltare a quella tra Anna e Vronskij, i quali, ogni volta che compaiono, hanno intorno a loro rumori metallici o di veicoli di ogni sorta, come a presagire la fine tragica della loro unione.

Anna Karenina è un capolavoro assoluto della letteratura, un romanzo costruito magistralmente ed è comprensibile il grande dispendio di energia usato da Tolstoj per portarlo a termine. L'unica cosa che non mi è piaciuta particolarmente è il personaggio di Levin in alcuni dei suoi aspetti caratteriali. Il suo tormento religioso a lungo trattato alla fine del romanzo mi pare fuori luogo, tanto da rovinare un po' la conclusione dell'opera. Altra nota a sfavore è l'impressione che ho avuto della costante condanna del comportamento di Anna da parte di Tolstoj. Ad ogni modo, lasciando perdere le mie considerazioni personali, Anna Karenina va assolutamente letto e non ci sono scuse per non farlo!

domenica 8 dicembre 2013

Racconti / Bel-Ami

Maupassant scrisse molti racconti per giornali e riviste con lo scopo di guadagnare e perciò concentrò maggiormente la sua attenzione sui romanzi. A mio avviso, però, sono proprio i racconti gli scritti che rivelano in modo più chiaro la sua bravura.

Maupassant scriveva nelle pause dal lavoro (aveva un incarico nel Ministero della Marina e poi in quello della Pubblica Istruzione), chiedendo spesso alla madre degli aneddoti su ciò che succedeva in città. Successivamente, egli isolava un solo elemento di un'intera vicenda, concentrandosi su quello, senza altri "fronzoli" intorno, in modo da provocare nel lettore una reazione immediata al fatto narrato. 
In questi racconti, i personaggi sono privi di qualsiasi descrizione psicologica e vengono delineati brevemente, mettendo in rilievo qualche tratto, lasciando così solo intuire la loro personalità. I luoghi e le persone che Maupassant presenta sono quelli della campagna normanna, nella quale è cresciuto, e quelli di Parigi, una città popolata da borghesi mediocri, sempre pronti a ricorrere ad intrighi pur di poter emergere. Qualsiasi classe sociale ha, però, per l'autore le stesse caratteristiche, si tratti di quella dei contadini o dei funzionari o dei borghesi: in ognuna prevalgono l'egoismo, la cupidigia e la mancanza di ogni ideale.
Da tutto questo emerge una visione della vita decisamente cupa, in cui non esiste nessun tipo di morale, dove tutto è mosso dal caso, crudele e cieco, e, solo qualche volta, affiora un qualche elemento beffardo che interviene per mitigare un po' l'asprezza di questo destino. 

Bel-Ami è il secondo romanzo di Maupassant, uscito nel 1885 a puntate su “Gil Blas” nell'aprile-maggio (anche se apparve già un anno prima, su questo stesso giornale, in parti separate sotto forma di racconti). È la storia di Georges Duroy, un giovane arrivista, privo di un qualsiasi talento, ma che, grazie ad una certa furbizia e al suo fascino, riesce a farsi strada nel giornalismo e poi in politica. Ogni sua azione è bel calcolata per ottenere ciò che vuole e capisce che le donne sono uno strumento importante per arrivare al successo (sarà proprio la figlia di una delle sue amanti a soprannominarlo Bel-Ami, nome con il quale verrà poi chiamato da tutti). Anche qui predomina la visione pessimistica della vita dell'autore: il male è costantemente presente nel mondo e la natura umana è abietta.
Maupassant nasce come giornalista ed è per questo che il suo stile è chiaro, semplice e senza fronzoli. In Bel-Ami, oltre alla critica verso la società parigina, si assiste così anche alla descrizione delle grandezze e soprattutto delle miserie di questo nuovo importantissimo mezzo di comunicazione.

Maupassant non è certo stato un autore geniale, ma il suo lo sapeva fare molto bene e alcuni dei suoi racconti sono, sotto ogni punto di vista, dei piccoli capolavori. Provate a leggerli e fatemi sapere cosa ne pensate!

domenica 1 dicembre 2013

Opere di Niccolò Machiavelli

Ed eccoci arrivati a parlare di uno dei più importanti scrittori italiani: Niccolò Machiavelli. Di seguito troverete delle brevi “pillole” su cinque delle sue opere maggiori. L'edizione che ho (comprata molti anni fa con un quotidiano, quindi non so se si possa ancora recuperare da qualche parte; in ogni caso le opere si trovano tutte anche separatamente) contiene Il Principe, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, una parte de L'arte della guerra, La mandragola, Belfagor arcidiavolo e una raccolta di Lettere.

Il Principe (1513) è una delle opere fondamentali della letteratura e del pensiero italiani, un'opera che è stata studiata e presa come esempio da moltissimi intellettuali. Questo è uno scritto d'occasione, redatto dal Machiavelli per “accattivarsi” i Medici, in modo che lo prendessero al loro servizio e gli ridassero i ruoli da lui occupati durante la Repubblica; la dedica è infatti rivolta a Lorenzo de Medici, nipote del Magnifico, duca d'Urbino. Questo trattato è un'analisi attenta e lucida di come un principe deve mantenere uno stato. Spesso, le tesi riportate, sembrano assolutamente prive di morale, ma a Machiavelli questo non importa: ciò che all'autore interessa è la verità effettuale, cioè un'analisi dettagliata della natura degli uomini e degli stati che non lascia spazio a nessun tipo di utopie o di immagini “mitigate” di come potrebbero andare le cose. Importantissimo è il connubio tra virtù e fortuna. La virtù è l'insieme delle capacità che un principe ha di saper cogliere l'occasione per imporre la realizzazione del suo progetto, contrastando così la fortuna che può essergli avversa, ma che non deve essere da lui subita passivamente (il problema del libero arbitrio non viene totalmente risolto con questa spiegazione dal Machiavelli). Dopo l'analisi dei tipi di principati e di come si mantengono, si passa all'analisi delle diverse milizie, per poi arrivare alle caratteristiche che un buon principe deve avere per mantenere il suo stato.

I Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1519) nascono dopo la delusione del mancato accoglimento delle proposte contenute ne Il Principe da parte dei Medici. Machiavelli comincia così a frequentare un gruppo di giovani intellettuali di tendenze repubblicane, il cui ritrovo sono gli Orti Oricellari. L'opera è dedicata a Zanobi Buondelmonti e a Cosimo Rucellai, entrambi discendenti di importanti famiglie e uomini amanti della cultura e della patria, frequentatori, appunto, degli Orti. In quest'opera Machiavelli prende la storia romana come modello di riflessione da cui trarre le soluzioni per risolvere la crisi politica fiorentina della sua epoca. Infatti, secondo lui, nella storia si attua una specie di ciclicità: uno stato nasce, cresce e decade, ritornando così al punto di partenza. Perché uno stato non incorra in questo circolo vizioso, deve saper rinnovare il momento più costruttivo del suo ciclo, proprio come hanno saputo fare per lungo tempo i Romani. La religione è uno strumento importante perché serve a mantenere sottomessi ed ubbidienti i cittadini. L'odierna Chiesa romana è dannosa, in quanto ha mantenuto l'Italia divisa e ha dato un pessimo esempio ai fedeli attraverso la sua condotta decisamente poco morale; la religione pagana, invece, attraverso i suoi riti, contribuiva all'unità della repubblica romana e per questo era positiva. Anche qui traspare il pessimismo di Machiavelli: le leggi sono necessarie perché gli uomini sono malvagi per natura. Le buone leggi nascono dagli scontri sociali, i quali sono utili al popolo per formarsi e per rivendicare i propri diritti.

L'arte della guerra (1519-1520) è un trattato strutturato come un dialogo tra Cosimo Rucellai, un amico del Machiavelli, altri giovani intellettuali e Fabrizio Colonna, uno dei più famosi condottieri italiani dell'epoca. Fabrizio parla, come dice il titolo, della guerra, prendendo come esempio i Romani dell'età repubblicana; molte tesi da lui esposte sono già state trattate dal Machiavelli nelle opere precedenti.

La mandragola e Belfagor arcidiavolo, sono due opere estremamente divertenti e ben costruite. La prima è una commedia che prende il titolo da un'erba che nel medioevo veniva considerata miracolosa e che presenta, nella forma della sua radice, un'immagine schematica di un piccolo corpo umano. Callimaco desidera far sua Lucrezia, moglie del “sempliciotto” messer Nicia; nell'impresa si farà aiutare dal suo fedele servo, dal furbo Ligurio e dall'immorale frate Timoteo. Nonostante la storia sia semplice nella sua struttura, l'effetto comico è assicurato e si può metterla tra le più importanti commedie del '500 per l'acuta analisi della società in cui viveva il Machiavelli. Belfagor, invece, è una novella satirica sul matrimonio e sulle mogli. Belfagor (nella Bibbia viene descritto come un dio dei Moabiti e dei Madianiti, venerato soprattutto dalle donne) viene mandato da Plutone sulla terra per capire come mai tutti gli uomini che finivano all'Inferno si lamentavano così tanto delle loro mogli. Il demone, acquisite sembianze umane, trova moglie e da lì cominciano tutte le sue peripezie, le quali sono incredibilmente spassose!

Che dire, il Machiavelli era un genio!