domenica 29 giugno 2014

La peste

La peste è sicuramente il romanzo più conosciuto di Albert Camus. La storia si svolge ad Orano, una brutta città francese della costa algerina. Siamo nel 194... e, all'improvviso, i ratti cominciano a morire in numero elevatissimo; il morbo degli animali, inizia ben presto a manifestarsi anche negli uomini. Il dottor Bernard Rieux, insieme al collega Castel, si rende conto che si tratta di peste. Cominciano così ad essere prese delle misure per salvaguardare l'espandersi del contagio e su come isolare i malati. La città viene così isolata e, con la collaborazione di Rieux, vengono organizzate delle formazioni sanitarie a cura di Jean Tarrou, un uomo ossessionato dal problema se si può essere santi senza Dio. Al dottore e a Tarrou si affiancano altre persone: Joseph Grand, un modesto impiegato del comune sempre pronto a lavorare e scrittore di una “grande opera”; Raymond Rambert, un giornalista francese travolto dalla voglia di evadere dalla “città prigione” per potersi ricongiungere alla sua donna; padre Paneloux che, da bravo religioso, afferma che la peste è un castigo di Dio mandato agli uomini a causa dei loro peccati.

Il romanzo racconta in maniera realistica tutte le precauzioni prese contro l'epidemia, il modo di isolare i malati e il come evitare di contrarre il contagio da parte dei sani, il sistema di numerare e di seppellire i morti ecc. Accanto a questo quadro si affianca quello dei vari personaggi sopra menzionati, fatto dei loro pensieri, delle loro paure e delle loro azioni in una città totalmente sconvolta.

La peste narrata da Camus è una metafora che sta ad indicare l'oppressione, il male, i regimi politici, come il nazismo, che distruggono l'uomo. La cosa che mi lascia perplessa, però, è la sua descrizione del modo di reagire degli abitanti di Orano. Camus descrive delle persone che rifiutano di accettare passivamente la catastrofe che le ha colpite, ma questo non mi convince. In una città isolata non credo che possano esserci soprattutto solidarietà, pazienza, speranza; secondo me è più probabile che ci siano saccheggi (nel romanzo si parla di sfuggita di alcuni furti), paura verso chiunque, in quanto tutti sono o possono essere potenziali portatori della malattia, pazzia, in una parola caos.

Ad ogni modo, La peste è un romanzo crudo, claustrofobico, schietto e, in una parola, un capolavoro!

domenica 22 giugno 2014

Carmilla

Dopo i post “religiosi” dei giorni scorsi, con quello di oggi si cambia totalmente: passo così dal sacro all'horror.

Carmilla è un racconto, pubblicato nel 1872, dello scrittore irlandese Joseph Thomas Sheridan Le Fanu (1814 – 1873).

La storia è ambientata in Stiria, dove la giovane Laura abita con il padre, le due governanti e la servitù, in un enorme castello circondato da chilometri di foresta. Una sera, suo padre le fa leggere una lettera molto confusa del generale Spielsdorf, la quale annuncia la morte della sua pupilla avvenuta a causa “del demonio che ha tradito la nostra infatuata ospitalità”. Poco dopo, in questa notte di luna piena, ecco comparire degli uomini a cavallo e una carrozza che subisce un incidente. Nel trambusto che segue, una delle donne in viaggio affida al padre di Laura la propri figlia, Carmilla. All'inizio della convivenza con la nuova arrivata le cose vanno bene, anche se la forte attrazione che Laura prova verso di lei è turbata da una sensazione di repulsione e odio. Carmilla è languida, affascinante e, spesso, si lascia andare a strane frasi e atteggiamenti ambigui, come è descritto in questo passaggio:

Lei mi baciò senza parlare.
Io sono sicura, Carmilla, che tu sei innamorata. Devi avere un amore nel cuore, anche tu in questo momento.”
Non sono mai stata innamorata di nessuno e mai lo sarò”, sussurrò lei, “a meno che non si tratti di te.”
Com'era bella alla luce della luna! Timido e strano era il suo sguardo quando, in fretta, nascose il viso contro il mio collo, affondandolo tra i miei capelli, con profondi sospiri che sembravano singhiozzi, stringendomi la mano nella sua, che tremava.
Sentivo la sua morbida guancia ardere contro la mia.
Cara, cara”, mormorò, “io vivo in te; e tu morirai per me, perché io ti amo così tanto!”

Naturalmente, dall'arrivo di Carmilla strani avvenimenti cominciano ad accadere... Ma interrompiamo qui il riassunto per non svelare nulla di più!

I luoghi, le situazioni e la tipologia dell'essere sovrannaturale di cui qui si parla sono tipici della letteratura dell'orrore, ma Le Fanu sa utilizzare tutto questo con sapienza, inserendo tutti i tasselli del componimento nel modo giusto, riuscendo così a creare immagini nitide e, nello stesso tempo, piene di trepidante attesa. M. R. James lo adorava e del suo giudizio ci si deve fidare!

Non posso fare altro che consigliarvi la lettura di Carmilla e di ammirare la maestria con cui è stato costruito il personaggio che dà il titolo a questo piccolo capolavoro.

lunedì 16 giugno 2014

Notte oscura

Chiedo scusa per la lunga serie di libri religiosi che sto postando, ma è quello che ultimamente ho fra le mani e, se devo essere sincera, sono molto interessanti. Lasciando da parte i soliti discorsi anticlericali ecc. bisogna comunque ammettere che la religione ha dato vita a diverse cose positive, soprattutto per quanto riguarda l'ambito del pensiero. Tutto questo per dire che qui non voglio portare avanti un discorso sul dover credere o meno, ma semplicemente mi interessa la letteratura e il pensiero, in ogni sua forma.

Dopo questo preambolo (probabilmente inutile) vorrei parlarvi di Notte oscura di san Giovanni della Croce. E' la prima volta che mi sono trovata di fronte ad un libro di mistica e non avevo la più pallida idea di che cosa parlasse e in che modo. Bene, in questa breve opera, il monaco spagnolo spiega come poter arrivare alla comunione con Dio: l'uomo, per giungere a questo stadio, deve passare attraverso delle tappe, le quali rappresentano la notte oscura, piena di ansie, di paure e di sofferenze. All'inizio l'uomo si trova di fronte a dei “difetti”, cioè a dei vizi; successivamente, dopo averne preso coscienza, passa alle tenebre che portano all'umiltà verso Dio e alla carità verso il prossimo. La parte più impegnativa di questo cammino è quella che si può definire come notte dello spirito, dove l'uomo arriva a credere di essere abbandonato da Dio. Per finire, si passa al lasciarsi amare da Dio: infatti, è Lui che entra in noi, quindi il mistico è un soggetto passivo, è colui che si lascia prendere da Dio. Dalla notte oscura si passa così alla notte felice, in cui l'amata (l'anima) si ricongiunge all'Amato (Dio). Il cammino da fare è complesso e comprende molti più stadi di questo e Giovanni li spiega servendosi dei commenti fatti ad una poesia che si trova in apertura dell'opera.

Lasciando da parte l'unione con Dio, trovo molto interessante quest'opera perché, oltre alle bellezza dello stile e al fascino dell'argomento, questo percorso può benissimo riguardare chiunque, in quanto è un modo per conoscere se stessi a fondo. Notte oscura dovrebbe essere abbastanza semplice da trovare e vi consiglio di leggerlo perché è un esempio di grande forza, sia interiore a livello di pensiero, sia esteriore come sopportazione delle esperienze negative della vita.

mercoledì 11 giugno 2014

Vita dell'arciprete Avvakum

La Vita dell'arciprete Avvakum è uno dei capolavori della letteratura russa, purtroppo non molto conosciuto.

Nel XVII secolo, in Russia, ha luogo un grande scisma all'interno della Chiesa ortodossa, in cui si contrappongono i Vecchi Credenti (i raskolniky, di cui fa parte Avvakum) e il Patriarca Nikon con i suoi seguaci. Nikon apportò diverse modifiche nella liturgia ortodossa, basandosi soprattutto su quella della Chiesa greca, corrompendo così il vero spirito della religione russa, profondamente radicata nel popolo e in cui ministri del culto erano uomini esattamente uguali al resto dei credenti. Avvakum e altri si oppongono a quella che per loro è una vera e propria eresia e per questo vengono perseguitati e puniti. Con il Concilio del 1666-67, le cose precipitano inesorabilmente. Avvakum passa la maggior parte della sua vita o in esilio o imprigionato ma, a differenza di altri suoi compagni, non cede mai: fino alla fine combatterà contro l'apostata Nikon e patirà qualsiasi tortura pur di continuare a professare la vera fede, che non è di certo quella corrotta dei Greci e dei Latini. La forza di quest'uomo è straordinaria e non solo la sua, ma anche quella della moglie e dei figli, costretti a seguirlo durante l'esilio e anche loro imprigionati. In questa autobiografia Avvakum parla nel linguaggio schietto del popolo, senza lasciarsi andare a pensieri troppo complicati tipici dei Cristiani latini. Quella dell'arciprete è una fede sentita, fisica e lo si capisce in particolar modo durante le descrizioni degli scontri contro i demoni che si impossessano delle persone e che tentano di corromperlo. Anche se vacilla, Avvakum torna sempre a Dio amandolo con più forza.

Leggendo questa Vita sono rimasta affascinata dalla tenacia di quest'uomo, anche se mi domando se davvero valga la pena soffrire così tanto per ciò in cui si crede: certo è nobile, ma non è detto che l'esempio dato serva poi in futuro. Spesso ci si dimentica di questi martiri o li si ammira, ma senza provare neanche lontanamente la loro passione. Ad ogni modo quest'opera è un esempio di grande forza e di grande bellezza letteraria che va assolutamente riscoperta e amata.