domenica 15 novembre 2015

Via dalla pazza folla

Sono sicura che ormai vi siete abituati alle mie sparizioni, ma ritorno sempre, quindi non dovete disperare ;-). Quest'oggi vi vorrei parlare di un romanzo inglese, Via dalla pazza folla di Thomas Hardy. 

Gabriele Oak è un pastore che si innamora della bellissima Batsheba Everdene e non esita a chiederla in sposa. La giovane, però, rifiuta la proposta e torna alla tenuta dello zio dove, alla morte di quest'ultimo, riceve in eredità i suoi possedimenti. Gabriele, nel frattempo, dopo anni di sacrifici perde tutti i suoi averi, ma non si dispera e si mette subito in cammino per cercare un nuovo impiego, giungendo proprio alla tenuta di Batsheba, la quale lo assume, sapendo che è un onesto lavoratore e a lei devoto. La giovane, per crearsi qualche svago e non pensare al lavoro che comporta l'avere una proprietà, durante il giorno di San Valentino manda per scherzo un biglietto d'amore al vicino William Boldwood. Questi è uno scapolo molto ricco, apparentemente insensibile al fascino femminile, ma la grazia e la giovinezza di Batsceba lo stregano, portandolo a farle una corte serrata. Ecco però giungere al villaggio Francis Troy, un avvenente soldato, già amante di Fanny Robin, la cameriera dello zio di Batsceba, scomparsa da diverso tempo. Il suo fare spigliato, unito ad una galanteria soldatesca, e la sua bellezza, porteranno la signorina Everdene ad innamorarsi di lui e a sposarlo, nonostante le ragioni apportate da Gabriele per dissuaderla. Da questo momento le sorti di tutti i personaggi del romanzo cambieranno. 

Via dalla pazza folla parla soprattutto di amore non corrisposto, anche se poi la perseveranza verrà premiata. Batsceba rappresenta la giovinezza, la bellezza, ma anche l'indipendenza, in quanto decide del proprio destino e non si lascia intimorire dal mondo dei proprietari che la circonda. Tutti i personaggi maschili del romanzo sono innamorati di lei, anche se in modi diversi. Gabriele, per esempio, rappresenta l'amore costante e devoto che non si intromette nelle decisioni di Batsceba, ma che le sta a fianco per proteggerla e per assicurarle la felicità; Boldwood, invece, è tormentato da un amore folle e geloso che lo porterà ad atti estremi. Troy, una volta ottenuto l'oggetto del suo desiderio, si stanca della vita matrimoniale e si dedica solo al gioco sfruttando i soldi della moglie, anche se i sensi di colpa per Fanny lo rendono un personaggio un po' più simpatico agli occhi del lettore.

Ammetto che non è un romanzo facile: lo stile di scrittura di Hardy è complesso, ricco di termini dialettali e di infiniti dialoghi, ma queste caratteristiche non tolgono nulla alla grandezza dell'opera. Armatevi di pazienza e leggetelo perché ne vale la pena! 

martedì 3 novembre 2015

Un tram chiamato Desiderio

Care/i amiche/i, chiedo scusa per la lunghissima assenza. Tra un po' di pigrizia, il lavoro e il mio recentissimo viaggio a Firenze, mi sono persa e non ho scritto nulla. Perdonatemiii! 

Oggi vi propongo una tragedia di Tennessee Williams: Un tram chiamato desiderio

Blanche si reca in visita dalla sorella Stella a New Orleans. Entrambe sono felicissime di rivedersi, ma le notizie che porta Blanche non sono per nulla buone: tutto ciò che apperteneva alla famiglia è andato perduto e il suo rimanere vedova non ha di certo aiutato questa già disperata condizione. Stella ospita la sorella nella sua casa che Blanche reputa orribile e incredibilmente povera, ma ecco comparire il marito polacco di Stella; Stanley è possente, animalesco e lo dimostra in ogni gesto, esercitando una sorta di attrazione su Blanche, nonostante essa lo critichi di continuo. Iniziano così i primi dissapori fra Stanley e la cognata, perché con il suo permanere in città, i due coniugi hanno perduta la loro intimità. Blanche, inoltre, comincia a mostrare segni di un esaurimento nervoso preoccupante, stato dovuto soprattutto al suicidio del marito e alle cause che lo hanno spinto a farlo, circostanze che la donna ha tramutato in uno stile di vita inaccettabile. Ovviamente la permamenza di Blanche non durerà per molto e Stanley giocherà un ruolo importante nel cacciarla. 

Un tram chiamato desiderio è un'opera estremamente complessa. Ammetto che prima ho visto il film di Kazan con Marlon Brando e la bellissima Vivien Leigh e me ne sono innamorata. Ho deciso così di leggere il dramma e ho scoperto che alcuni passi erano stati omessi, probabilmente come inaccettabili per la Hollywood del tempo. Ad ogni modo in quest'opera sono presenti differenti temi, come quello dell'omosessualità del marito di Blanche e della malattia mentale. Blanche, infatti, è ossessionata dalla vecchiaia: non si fa mai vedere in piena luce e cambia discorso quando le si chiede l'età. Nella sua testa lei e il marito sono ancora due ragazzini innamorati ed è per questo che è attratta dai giovani, faccenda che le procura molteplici problemi. La figura di Stanley è completamente opposta: è ottuso, insensibile di fronte a certe problematiche, gran giocatore e bevitore, rozzo e soprattutto istintivo, qualità che lo rendono sensuale agli occhi della cognata.

La trama di questo dramma è costruita alla perfezione e il mio breve riassunto non può rendere la bellezza e la complessità dell'opera. Vi consiglio di leggerlo, se possibile in lingua originale, e sono sicura che rimarrete a bocca aperta! 

domenica 4 ottobre 2015

La fidanzata e altri racconti

Durante domeniche fredde e grigie come quella di oggi, la lettura diventa un'ottima occupazione per passare il tempo al calduccio. Quelli che vi propongo sono alcuni racconti del grande Anton Čechov, scritti accomunati dall'avere come protagoniste delle figure femminili e che trattano la condizione della donna.

In La cuoca si “ammoglia” il piccolo Griša assiste ad un colloquio tra la bambinaia, la cuoca ed un vetturino; inizialmente non capisce cosa sta succedendo, ma la giovane serva, appena l'uomo se ne va, si sfoga con la padrona, affermando che non sposerà mai quell'individuo che nemmeno conosce. La cuoca è però costretta a cedere e lo sposalizio ha luogo: Griša, nonostante la tenera età, si rende conto che quello che sta subendo Pelageja è un sopruso e prova pietà nei suoi confronti.
Il racconto della signorina N. N. inizia con il ricordo di una giornata autunnale, in cui la protagonista riceve la dichiarazione d'amore del giudice istruttore Pëtr Sergeič: ella è giovane, felice e soprattutto ricca e non pensa ad altro, nonostante questa passione la inebri. Gli anni, però, passano in fretta e del passato non rimane nulla, tranne il rimpianto di non aver sposato Pëtr a causa della differenza di classe e della loro incapacità di superarla.
Donne è un racconto complesso, in cui un viaggiatore racconta ad un albergatore ed alla sua famiglia il suo grande peccato. Matvèj Savvič aveva preso come amante Màšen'ka, sua vicina di casa e già madre di Kuz'kà, mentre il marito era sotto le armi. Quando a Matvèj si annuncia la possibilità di un buon matrimonio, egli non esita a liberarsi dell'amante facendole la morale. Il marito e Mašen'ka faranno una brutta fine e Matvèj deciderà di prendere a carico il piccolo orfano. Le donne della famiglia dell'albergatore, dopo aver sentito il racconto fatto dal forestiero, riflettono sulla loro condizione e soprattutto su ciò che viene definito peccato.
La fidanzata è il racconto più lungo della raccolta. Nadja vive in provincia, è felice, ammira la mamma e la nonna e si sta per sposare. Come ogni anno, ecco arrivare Saša per il suo consueto soggiorno estivo nella tenuta; egli, pian piano, riesce a far capire a Nadja che quella che sta facendo non è una vera vita, che si sta mettendo in trappola da sé e che bisogna lavorare per poter dare un senso alla propria esistenza. La giovane è turbata da queste parole e inizia a rendersi conto che si è sbagliata nel giudicare ciò che le sta attorno: sua madre, ad esempio, non è la donna meravigliosa che credeva, ma è solo una donna infelice e sola. Quando il fidanzato le fa visitare la loro futura casa, Nadja è infastidita dal contatto di lui, ragazzo bello ma inetto, e la vista di un quadro che rappresenta una donna nuda accanto ad un vaso (donna come oggetto tra gli oggetti) la ripugna. Grazie a Saša (proiezione dell'autore), Nadja decide finalmente di prendere in mano la propria vita.
In La strega, invece, viene criticato il pensiero di Savelij che crede la propria moglie una strega, in quanto dotata di una forte personalità.
Camere d'albergo e La fortuna d'esser donna sono quadretti di grande ironia.

Questi racconti sono spaccati lucidi e intelligenti di quella che era la situazione femminile dell'epoca: convenienze sociali e religione rendevano assolutamente impossibile l'autonomia delle donne, tanto che Nadja, la protagonista de La fidanzata, per aver scelto di decidere da sola, viene molestata dai monelli per la strada. Čechov non dice mai tutto ciò che intende spiegare, ma lascia intuire al lettore i suoi intenti descrivendo personaggi e ambienti con brevi pennellate; non a caso, secondo lui, nella narrazione “la concisione è sorella del talento” e “più breve è, più vale”.
E ora, tè, copertina e racconti di Čechov! ;)

domenica 27 settembre 2015

Dell'amore

Stendhal era consapevole di non essere un autore geniale, ma la sua grandezza sta proprio in questo. A volte (e ciò vale per tutte le arti e non solo) non è la tecnica che conta, ma ciò che uno esprime e il modo in cui lo fa: proprio queste caratteristiche possono rendere delle opere uniche e, a modo loro, anche geniali. Il signor Henri Beyle ne è forse l'esempio più famoso e oggi vi propongo un suo saggio dedicato all'amore, un sentimento che il Nostro conosceva molto bene.

Dell'amore inizia con il descrivere i quattro tipi esistenti di questo sentimento; esso può essere amore-passione, amore-gusto (di “testa”, un piacere fra sensuale e raffinato che a volte può tramutarsi in capriccio), amore fisico e amore di vanità. Tutte queste tipologie nascono nello stesso modo, anche se poi ognuna assume le caratteristiche che le sono peculiari. Innanzitutto l'amore prende il via dall'ammirazione verso l'oggetto del desiderio, poi passa al piacere dato dal primo bacio, per poi arrivare alla speranza che segna la nascita dell'amore vero e proprio. A questo punto ecco subentrare la prima “cristallizzazione, cioè quell'”operazione dello spirito che trae da tutto ciò che si presenta la scoperta di nuove perfezioni nell'oggetto amato”: essa è quindi un atto dell'immaginazione che trasforma l'oggetto reale in uno di fantasia. Ora l'innamorato passa alla fase del dubbio che conduce alla seconda cristallizzazione: egli è amato o no? Come può provarlo?
Un altro tipo di amore può essere quello per picca, ma esso finisce ben presto, cioè nel momento stesso in cui l'antagonista del proprio amante sparisce. Se una persona è alla moda, invece, si fa amare per la sua ricchezza, per l'eleganza materiale o morale che possiede e per la sua voglia costante di piacere alle donne e di farle sue.
Il pudore è sicuramente un nemico dell'amore, anche se esso ha diverse sfaccettature: innanzitutto può essere fasullo e celare una sfrontatezza che viene abilmente dissimulata, e che porta il “falso pudico” a credere di essere stimato per una virtù che non possiede; oppure può nascere dall'abitudine o può portare a dare piaceri inebrianti proprio perché vengono trasgredite quelle norme che ogni persona “seria” dovrebbe rispettare.
La seconda parte del trattato è uno studio in cui vengono prese in esame alcune popolazioni e il loro modo di amare. I Francesi, per esempio, amano sempre per vanità, mentre gli Inglesi sono zeppi di convenienze sociali e di falso pudore. L'Italia, invece, è un paese in cui la passione predomina, soprattutto quella negativa che porta all'odio; per Stendhal gli Italiani hanno un “patriottismo d'anticamera”, cioè usano sempre la parola “nostro”, odiano le città vicine e gli stranieri, sono intolleranti durante le discussioni e vanno subito in collera quando non sanno come controbattere all'interlocutore. Per concludere, sono talmente menefreghisti ed oziosi che spesso il marito e l'amante sono grandi amici e ognuno fa i comodi suoi sotto gli occhi dell'altro.

Dell'amore è un'opera estremamente lucida, nonostante non sia un vero studio, ma il frutto di esperienze ed osservazioni dirette dell'autore. Secondo me, comunque, molto di ciò che è contenuto in questo saggio è intelligente e piuttosto vero: anche se sono passati parecchi anni dalla composizione dell'opera, di sicuro l'amore non ha cambiato le caratteristiche descritte da Stendhal. Per concludere vorrei aggiungere che un'intera parte è dedicata a spiegare perché alle donne venisse negata una certa educazione e la risposta è che gli uomini, e in particolare la Chiesa, ci avrebbero rimesso. Stendhal si conferma così un uomo moderno ed estremamente acuto. Da leggere!

domenica 20 settembre 2015

Vita Nuova

Rieccoci qui per parlare di uno dei più grandi amori di sempre: quello di Dante per Beatrice. L'opera in cui questo sentimento viene descritto con precisione è la Vita Nuova, composta tra il 1292 e il 1293, poco dopo la morte di lei avvenuta nel 1290. L'opera è dedicata all'amico Guido Cavalcanti ed ha una struttura molto particolare. Dante, infatti, comincia i vari capitoli con una descrizione di un fatto, per poi passare ad un componimento poetico (sono presenti sonetti, sonetti doppi, ballate e canzoni) spiegandolo subito dopo (o prima, come avviene verso la fine dell'opera).

Dante incontra Beatrice quando lui ha nove anni e lei poco più di otto; nove anni dopo i due si rincontrano e il poeta rimane incantato dalla bellezza di lei, tanto da “vedere tutti li termini de la beatitudine” quando lei gli concede il suo saluto. Dante, però, non può mostrare apertamente di essere innamorato di Beatrice perché, a causa delle regole imposte agli amori cortesi dalla letteratura provenzale, non bisogna far conoscere l'oggetto dei propri sentimenti più nobili. Dante, perciò, durante la messa, guarda una donna che è esattamente in linea d'aria con Beatrice, facendo così credere alla gente che il suo interesse è rivolto a quest'altra, la quale viene indicata con il nome di “donna dello schermo”. Quest'ultima, però, deve lasciare Firenze e Dante, anche lui fuori città, ha un incontro con Amore travestito da viandante, che gli dice il nome di una seconda donna dello schermo da onorare al suo ritorno. Beatrice, disgustata dal comportamento di lui, gli nega il saluto, gettandolo in un profondo sconforto. Dopo varie vicissitudini, Dante cade malato e durante questo periodo sogna la morte della sua amata, cosa che avverrà poco dopo. Il poeta è distrutto dalla perdita e completamente inconsolabile, ma, un anno dopo, si accorge a poco a poco che una “donna gentile” lo osserva da una finestra con estrema pietà, tanto che Dante comincia ad innamorarsene, ma un'altra visione lo riporterà sulla retta via.

Contrariamente alle mie abitudini ho deciso di raccontare più o meno l'intera vicenda, in quanto Dante viene studiato in tutte le scuole e molti, a quanto vedo, ne hanno un brutto ricordo. La cosa è spiacevole perché Alighieri è davvero un poeta eccezionale ed è un peccato che spesso venga insegnato in maniera noiosa e poco adatta a far comprendere tutta la sua grandezza. Ad ogni modo la Vita Nuova è davvero un'opera notevole, in cui viene indagato il sentimento dell'amore con profondità e finezza, offrendoci alcune tra le più belle poesie che siano mai state scritte. Ovviamente c'è molto di medioevale in Dante, sia nella sua concezione dell'amore, sia nella presenza di elementi religiosi come le visioni e il continuo ripresentarsi del numero nove (simbolo sacro, in quanto nove è tre volte tre, numero della Trinità). Per concludere, posso dire che la lettura di quest'opera è piacevole e per niente difficile: nonostante l'italiano di allora abbia profonde differenze con quello odierno, è tutto perfettamente comprensibile.
Un appello a chi lo ha odiato a scuola con tutto il cuore: rivalutatelo che Dante non è né palloso né difficile! ;)

domenica 13 settembre 2015

Appunti di un giovane medico

Qualche tempo fa mi è stata consigliata la visione di uno sceneggiato inglese dal titolo A Young Doctor's Notebook, interpretato da Daniel Radcliffe. Sono rimasta positivamente impressionata sia dalla storia che dall'interpretazione degli attori, pensando che questa è davvero un'ottima miniserie, a differenza di quelle mostrate dalla nostra tv (anche se la guardo raramente). Ovviamente non potevo non leggere il libro da cui è stato ricavato lo sceneggiato e, perciò, eccomi qui pronta a parlarvi di Appunti di un giovane medico di Michail A. Bulgakov.

Appunti di un giovane medico è una raccolta di nove racconti pubblicati dall'autore in tempi e giornali diversi, i quali seguono tutti l'esperienza di Bulgakov nell'ospedale del villaggio di Nikol'skoe, un luogo sperduto, dove il giovane scrittore neolaureato in medicina si ritrova ad affrontare casi incredibili, spesso scontrandosi con la mentalità chiusa degli abitanti del luogo.
Il primo racconto è L'asciugamano col galletto: il narratore arriva a Mur'e (nome fittizio che indica Nikol'skoe) dopo ventiquattr'ore di viaggio, inzaccherato di pioggia e infreddolito. Il piccolo ospedale inizialmente lo rassicura, finché non serve il suo aiuto per aiutare una ragazza caduta in una gramola, la macchina che serve a maciullare il lino. Le condizioni della giovane sono disperate, ma il nuovo medico, nonostante la totale assenza di esperienza pratica, decide di amputare la gamba, ottenendo un buon esito e rimanendo stupito del suo sangue freddo e della sua destrezza.
In Il battesimo del rivolgimento, il protagonista deve per la prima volta occuparsi di un parto trasversale: in preda al panico corre nella sua stanza per consultare un manuale riguardante il modus operandi da adottare in questi casi. Dopo lunghi minuti di panico, il dottore decide di agire. Un altro caso difficile si presenta in La gola d'acciaio, dove deve effettuare d'urgenza una tracheotomia ad un bambina, mentre la madre e la nonna di questa si disperano perché convinte che il dottore voglia sgozzarla.
Le situazioni disperate continuano ne La tormenta, ne L'occhio stellato, fino ad arrivare al grosso problema della sifilide che colpisce un gran numeri di individui del distretto. La cosa incredibile è che quasi nessuno dei pazienti si rende conto di quanto pericolosa sia questa malattia e credono che il dottore sia inesperto e non capisca che il loro è un semplice problema di mal di gola. La superstizione e l'ignoranza sono una costante degli abitanti della zona e in Le tenebre d'Egitto vengono raccontate alcune pratiche, come quella di mettere una zolletta di zucchero nella vagina di una partoriente per “invogliare” il nascituro ad uscire alla svelta. Sempre in questo racconto, un contadino affetto da malaria decide di prendere tutte le dosi di chinino prescritte in un colpo solo, convinto, in questo modo, di guarire più velocemente.
Morfina e Io ho ucciso si discostano dagli scritti precedenti ed infatti non fanno parte del ciclo originario. Nel primo breve racconto, il dottor Poljakov scrive all'amico Bomgard di aiutarlo, ma, senza aspettare la risposta di quest'ultimo, si uccide. A Bomgard resta il taccuino del suicida, nel quale si racconta con estrema precisione e chiarezza la dipendenza da morfina. Il secondo racconto, invece, tratta dell'uccisione di un colonnello da parte di un dottore durante il regime di Petjjura in Ucraina.

Appunti di un giovane medico è un'opera incredibile, in cui l'autobiografia dell'autore ha un posto predominante in ogni singolo racconto. Le operazioni e le malattie sono descritte senza mezzi termini e le paure del dottore/Bulgakov vengono analizzate minuziosamente, anche se spesso con un tocco ironico. L'ignoranza e la ritrosia degli abitanti del distretto sono davvero esasperanti e il narratore ha davvero un'enorme pazienza nel cercare di aiutarli, anche se spesso non viene minimamente preso in considerazione.
Quest'opera mi ha fatto capire che la professione del medico non fa proprio per me, ma grazie a Dio, o a chi altro, gli ospedali non sono così messi male.
Vi consiglio davvero di leggerlo!

domenica 6 settembre 2015

Venere in pelliccia

Dopo secoli, rieccomi qui per proporvi un classico della letteratura erotica di tutti i tempi: Venere in pelliccia di Leopold von Sacher-Masoch. Per cominciare vanno dette due cose importanti: la prima è che il romanzo è ricco di riferimenti autobiografici e che dal nome del suo autore deriva il termine “masochismo”.

Il narratore si reca dall'amico Severin, il quale gli racconta una curiosa storia vissuta tempo addietro. Severin era ossessionato dal dipinto Venere allo specchio di Tiziano, tanto da idolatrare la sua effige; durante un soggiorno in un centro termale dei Carpazi ritrova le fattezze della modella del quadro nella avvenente e ricca vedova Wanda von Dunajev. Severin dichiara alla donna di voler essere il suo schiavo, in modo da poterla servire come una dea. Inizialmente Wanda non è molto convinta della faccenda, ma il gioco, a poco a poco, comincia ad attirarla, finché non decide di partire per Firenze, ribattezzando Severin in Gregor e conferendogli il titolo di suo servo personale. La ricca vedova, non contenta di una sottomissione solo apparente e quindi incerta, redige un vero e proprio contratto che contiene queste parole:

Il signor Severin von Kusiemski a partire da oggi cessa di essere il fidanzato della signora Wanda von Dunajev e rinuncia a tutti i diritti derivatigli dalla sua qualità di amante; in più, s'impegna, sulla sua parola d'uomo d'onore e di gentiluomo, a essere d'ora in poi schiavo della signora di cui sopra finché non gli sarà resa la libertà dalla signora stessa. […] La signora von Dunajev potrà non soltanto castigare il suo schiavo per la più piccola negligenza o per il più piccolo errore, ma avrà anche la facoltà di maltrattarlo come e quando vorrà, secondo il proprio capriccio o anche solo per procurarsi un diversivo; avrà anche il diritto di ucciderlo, se le piacerà; in breve, egli diventa sua proprietà in tutto e per tutto. […] In cambio, la signora Dunajev promette, finché resterà sua padrona, di mostrarsi il più spesso possibile in pelliccia, soprattutto quando infierirà contro il suo schiavo.”

Ovviamente un rapporto basato su simili premesse non procederà nel migliore dei modi...

Venere in pelliccia è un'analisi attenta ed accurata di quel particolare tipo di piacere che si ricava dalla sottomissione (e non solo) che è appunto il masochismo. Wanda è nella realtà Fanny Pistor, la prima vera donna importante nella vita di von Sacher-Masoch, e Aurora Rumelin, dopo aver deciso di far suo l'autore del romanzo, gli manderà proprio una lettera contenente un contratto simile a quello descritto nell'opera, mettendo in trappola il caro Leopold.

Nonostante il tema di Venere in pelliccia sia piuttosto “delicato”, von Sacher-Masoch non scende mai nella volgarità, ma anzi descrive accuratamente tutto il percorso mentale che può portare qualcuno a desiderare un rapporto basato su un totale dislivello fra i due amanti, anche se la visione di Severin/Leopold cesserà di essere idealizzata come all'inizio dell'avventura con Wanda.

sabato 15 agosto 2015

Il segno rosso del coraggio

Oggi, per festeggiare Ferragosto, vi propongo un altro romanzo americano, Il segno rosso del coraggio di Stephen Crane.

La guerra civile imperversa e il giovane Henry Fleming decide di arruolarsi. Il ragazzo (così Crane chiama Henry nell'opera), appena arriva all'accampamento, è impaziente di combattere, mosso dall'eroismo e con l'idea che, purtroppo, non esistano più battaglie come quelle vissute dai Greci. Appena viene dato il segnale di inizio della lotta, però, Henry si fa prendere dal panico e fugge, giustificandosi affermando di aver preso la migliore decisione possibile, in quanto può così offrirsi nella battaglia successiva essendosi “risparmiato” in questa: se tutti i soldati muoiono, come si può proseguire il conflitto? Quando si accosta a dei soldati feriti, un senso di vergogna lo stringe alla gola: non vuole essere schernito perché mancante di un segno rosso che attesti il suo coraggio. La “fortuna”, però, viene in suo soccorso e un soldato, durante una fuga, lo colpisce alla testa per toglierselo di mezzo. Tornato al suo reggimento, può raccontare di aver combattuto valorosamente e, durante l'attacco successivo, in preda all'esaltazione, va alla carica incurante del pericolo.

Il segno rosso del coraggio è la storia della crescita psicologica del giovane Henry, il ragazzo. Egli passa dalla visione romantica della guerra in cui il soldato è un eroe, a quella dell'inutilità del singolo individuo all'interno del grande “corpo” dell'esercito, fino ad arrivare all'istinto che lo porta a salvarsi in momenti di grande pericolo.
La storia narrata è molto interessante anche perché, da quello che so, è uno dei pochi romanzi a narrare la Guerra di Secessione dal punto di vista dell'esercito dell'Unione. L'unica pecca, secondo me, è il metodo di scrittura utilizzato dall'autore. Il romanzo è scritto sicuramente bene, ma lo stile giornalistico (e Crane era un giornalista) non mi pare adatto a descrivere la psicologia complessa del protagonista; è uno stile talmente “freddo” che non lascia nulla nel lettore, se non vaghe sensazioni, ma vissute sempre a distanza. Nonostante le mie impressioni, Il segno rosso del coraggio è una delle principali opere della narrativa americana e credo sia interessante leggerlo per conoscere la cultura d'oltreoceano.

lunedì 10 agosto 2015

Il buio oltre la siepe

Come al solito ho fatto passare un po' troppo tempo dall'ultimo post, ma sapete la novità? Per un anno lavorerò in una biblioteca! Finalmente un impiego abbastanza duraturo e in un ambiente che mi piace. Almeno per una volta posso dire di aver avuto culo in ambito lavorativo!

Lasciando da parte la mia vita privata (che credo non importi a nessuno), quest'oggi vorrei parlarvi del famoso romanzo di Harper Lee: Il buio oltre la siepe.

Siamo in Alabama durante gli anni Trenta, nella città di Maycomb: Jean Louise, soprannominata Scout, e Jeremy (Jem), vivono con il padre Atticus Finch e la domestica di colore Calpurnia. La loro esistenza scorre tranquilla e passano le loro giornate fantasticando sul vicino Boo Radley, un uomo rinchiuso in casa fin da ragazzo dai genitori, sul quale circolano diversi racconti che terrorizzano i bambini. La vita dei due cambia quando Atticus deve difendere un uomo di colore, Tom Robinson, accusato di aver stuprato la figlia di Bob Ewell, uno degli abitanti meno raccomandabili della città. Il processo ha inizio e Scout e Jem, insieme al cugino Dill, si recano in tribunale incuriositi dal caso, ma soprattutto dalle ripercussioni che questo ha sulla loro vita e su quella del padre. Atticus è un ottimo avvocato, ma è sicuro di non farcela a causa della mentalità troppo chiusa che non permette alla maggioranza dei cittadini di capire l'infondatezza delle accuse rivolte a Tom. Alla fine del processo i problemi non finiranno e proprio Scout e Jem ne saranno le vittime.

Il romanzo tratta diversi temi, primo fra tutti quello della segregazione razziale: i neri hanno il loro quartiere, la loro chiesa e vengono considerati ignoranti e violenti. Il caso di Tom Robinson sveglia alcune coscienze, soprattutto quella dei due piccoli protagonisti, grazie anche all'educazione ricevuta dal padre. Atticus è un uomo tutto d'un pezzo, incurante di ciò che pensa la gente perché ciò che lo muove è soltanto la giustizia: egli, infatti, insegna ai propri figli a mettersi nei panni degli altri per non dover mai accusare e avere pregiudizi su nessuno. Anche Boo Radley, nonostante sia bianco, viene considerato un reietto a causa del suo isolamento. Le contraddizioni della gente emergono costantemente, soprattutto quando a scuola la maestra di Scout reputa Hitler un uomo orribile per quello che fa contro gli Ebrei, ma non esita a definire le persone di colore “negri” e a rimanere inorridita e a trattare con riluttanza i bambini più poveri. Il titolo Il buio oltre la siepe è una traduzione interessante e viene ripreso da una frase di Scout: ciò che è più vicino è quello che maggiormente ci sfugge e che non riusciamo a comprendere, proprio come accade verso Boo Radley, che i protagonisti temono senza averlo mai visto, ma basandosi solo sulle voci di paese.

Il periodo storico che stiamo vivendo mi sembra il più adatto per leggere questo romanzo e spero che, finalmente, chiunque apra la sua mente al “diverso” e a ciò che non conosce, crescendo proprio come i due piccoli protagonisti dell'opera.

domenica 26 luglio 2015

La ballata del vecchio marinaio

La ballata del vecchio marinaio è una delle più belle opere che io abbia mai letto e non posso non condividerla con voi!

Siamo ad un ricevimento di nozze: un vecchio Marinaio “dall'occhio scintillante” blocca un invitato alla festa per raccontargli la sua storia, descrivendo il viaggio compiuto da lui e dai suoi compagni attraverso l'Equatore, fino al raggiungimento del Polo Sud in seguito ad una violenta tempesta. Dopo diversi giorni ecco apparire un Albatro: i marinai lo considerano fin da subito come un segno di buon augurio, ma il vecchio Marinaio lo uccide. Quest'azione non viene descritta, cioè Coleridge non specifica né il motivo né il modo in cui il delitto si compie: le uniche impressioni che abbiamo sono che l'azione del Marinaio è totalmente irrazionale e contro natura. Dopo lo sbigottimento iniziale, i compagni dimenticano l'accaduto, diventando così complici del delitto. La colpa ricade ben presto su tutti loro e, giunti sull'Oceano Pacifico, la nave si blocca, costringendo i marinai a patire la sete; gli unici movimenti visibili sono quelli dati da “mostri” marini e da uno Spirito. I marinai capiscono che ciò che sta accadendo è una punizione per aver ucciso l'Albatro e riaccusano il vecchio Marinaio, appendendogli l'uccello morto al collo come se fosse una croce. Il Marinaio ora è isolato dal resto del mondo, fino a quando non si avvicina una nave il cui equipaggio è composto da Morte e Vita-in-Morte, le quali giocano ai dadi per decidere la sorte dei marinai...

La ballata del vecchio marinaio può essere interpretata come una parabola morale sull'uomo, il quale passa dal peccato originale (l'uccisione dell'Albatro), alla punizione (la nave in bonaccia e l'impossibilità di pregare per risollevare la propria sorte), ad un inizio di perdono (i Serpenti marini che riportano il Marinaio a riavere un contatto con la natura), fino alla redenzione finale. Elementi reali e fantastici coesistono in perfetta armonia e sembra di vivere davvero la storia che Coleridge ci narra, senza pensare neanche per un attimo che gli “esseri” visti dal Marinaio potrebbero essere solo un frutto della sua fantasia. Tutto la ballata è pervasa da un senso di mistero e le continue ripetizioni, oltre che a rendere la memorizzazione del testo più semplice e a produrre un effetto musicale, tendono ad aumentare il senso di oppressione che schiaccia il vecchio Marinaio.

Vi consiglio di leggerlo, oltre che tradotto, anche in lingua originale, in modo da assaporare tutta la bellezza di questa ballata e il genio di Coleridge.

domenica 12 luglio 2015

Le Argonautiche

Torniamo indietro nel tempo per parlare di una delle più grandi opere del III secolo avanti Cristo: Le Argonautiche di Apollonio Rodio.

Il re Pelia apprende da un oracolo che il suo potere è in pericolo a causa del nipote Giasone: per toglierlo di mezzo decide di mandarlo in Colchide per recuperare il famoso vello d'oro. Pelia sa che il viaggio è faticoso e che il terribile re Eeta non acconsentirà mai a venire espropriato del suo prezioso avere. Gli dei però sono favorevoli a Giasone e Atena interviene nella costruzione di Argo, la grande nave che dovrà portare nella lontana Colchide i maggiori eroi greci del tempo. Dopo aver completato la nave e aver deciso chi parteciperà all'operazione, si deve scegliere un capo e questo titolo viene conferito proprio a Giasone. Il viaggio di andata è ricco di avventure e durante la traversata alcuni eroi abbandonano la spedizione, come Eracle, il cui destino è un altro. Giunti in Colchide, Giasone si reca da Eeta e cerca di ottenere il vello senza dover combattere; il terribile re è d'accordo, ma a patto che il giovane si sottoponga ad una prova: arare un enorme campo servendosi di tori indomabili ed uccidere gli uomini armati che crescono dai denti di serpente precedentemente seminati. Giasone accetta ma si sente perduto; Era, già preparata ad un rifiuto da parte del re, per evitare che il suo protetto perisca, chiede aiuto ad Afrodite, in modo che convinca Eros a scagliare la sua freccia addosso a Medea, la figlia di Eeta. Il piano va a buon fine ed infatti Medea, appena scorge il bellissimo Giasone, se ne innamora, facendo di tutto pur di aiutarlo; proprio grazie ai filtri e agli incantesimi della fanciulla maga, il capo degli Argonauti riesce a vincere la prova. Sempre grazie alle arti di Medea, il vello d'oro passa nelle mani dei Greci ed ella li supplica di portarla via con loro. Il viaggio di ritorno segue un percorso diverso rispetto a quello di andata e il carattere di Medea si paleserà sempre meglio...

Apollonio introduce importanti innovazioni all'interno del suo poema. Innanzitutto, l'intera opera è pervasa da un forte pessimismo teso a ridimensionare le capacità dell'uomo. Lo stesso Giasone è incapace di comandare, è angosciato dal viaggio impostogli dallo zio ed è totalmente contrario alla guerra, cercando sempre di mediare pur di non dover utilizzare le armi. Medea, al contrario, si sviluppa a livello psichico nel corso della narrazione: inizialmente ella è pudica e tenta di soffocare il nascente amore maledicendo Giasone, anche se in realtà vuole salvarlo. Appena la sorella le chiede aiuto, Medea non esita ad utilizzare questa richiesta come pretesto per intervenire senza mostrare la passione che comincia a divorarla. Ciò che la spinge poi a scappare dalla Colchide non è solo il grande sentimento che la tormenta, ma anche la paura del padre e il senso di colpa per averlo tradito. Medea è capace di orribili inganni e non esita ad uccidere pur di salvare gli Argonauti e di sposare Giasone, fatto da lui promesso dopo aver acconsentito a portata con sé. Ella, inoltre, si rende conto che Giasone non la ama e che l'unica cosa che per lui conta è il vello che costituisce lo scopo del suo viaggio; non a caso la giovane arriva a concepire pensieri violenti e di suicidio pur di smuovere la passività del suo amato.

Le Argonautiche sono un esempio di altissima poesia e vi consiglio di leggerlo; oltre alle numerose avventure, al carattere psicologico dei personaggi e al pensiero pessimistico dell'autore (che spesso interviene direttamente nella narrazione), si cerca di dare anche un fondamento storico ai vari eventi successivi presenti nei miti greci, comprendenti anche i fatti dell'Iliade e dell'Odissea che sono posteriori al viaggio di Argo.

domenica 5 luglio 2015

I Borgia

Cari amici, quest'oggi andiamo a parlare di una delle famiglie più influenti e discusse della storia: i Borgia. L'avventura di questo casato ci viene raccontata da Alexandre Dumas, uno dei più conosciuti e prolifici autori francesi.

Siamo nel 1492: papa Innocenzo VIII è morto da poco e nel Vaticano si apre il Conclave. Rodrigo Borgia desidera essere il nuovo papa e non ci mette molto a corrompere alcuni dei cardinali più influenti per ottenere il titolo. Grazie alla sua abilità, Rodrigo diventa Alessandro VI, coronando il suo sogno, cioè dominare ed elevare ad alte cariche i cinque figli. Roma è alquanto perplessa da questa scelta perché la vita poco clericale del nuovo eletto non è di certo un mistero, ma egli si impone subito, dettando legge all'interno della politica del tempo, appoggiando prima un re e poi un altro, alleandosi a seconda delle sue esigenze, ostacolando le principali famiglie romane (Colonna e Orsini), conducendo sempre una tattica basata sul doppio gioco. Nel frattempo Cesare e Lucrezia, i figli prediletti del papa, giocano un ruolo centrale nello scenario italiano. La bella Lucrezia, adorata dal padre e contesa tra Cesare e Francesco (un altro fratello) sposa diverse personalità importanti, fino a diventare duchessa di Ferrara; Cesare, invece, si distingue come valoroso soldato e abile stratega, esercitando una grande impressione in Machiavelli. Grazie all'appoggio papale, a quello del sovrano francese e alla sua spregiudicatezza, il Valentino si crea uno Stato privato, diventando signore dei territori delle Marche e della Romagna. Intrighi, delitti, voltafaccia e altri crimini vari non dureranno in eterno e la parabola dei Borgia sarà destinata a finire.

All'interno del romanzo, i personaggi che si muovono sono molteplici: oltre ai Borgia, viene delineata tutta la situazione italiana ed europea dell'epoca, con riferimenti alle più importanti personalità e alle loro tattiche di potere. I Borgia costituiscono quindi il perno attorno a cui ruotano le vicende del secolo e Dumas mescola storia e leggenda. Alessandro VI, Cesare e Lucrezia sono da sempre visti come incestuosi, capaci di utilizzare qualsiasi mezzo pur di ottenere ciò che vogliono (come il tenere sempre con sé del veleno per uccidere all'occorrenza), insensibili e spietati. Alcuni storici hanno cercato di ridimensionare le loro caratteristiche perché, come nella maggior parte dei casi, le testimonianze non sono sempre concordi. Ad ogni modo I Borgia di Dumas si legge tutto d'un fiato, proponendo un periodo storico complesso come se fosse un romanzo, ma, al contempo, cercando di attenersi il più possibile agli eventi veri, senza ricamarli troppo.

domenica 28 giugno 2015

Yoshe Kalb

Ho scoperto Israel J. Singer per caso e, dopo aver letto due suoi romanzi, direi che è giunto il momento di parlarvene.

Siamo a Nyesheve, città della Galizia austriaca, dove Rabbi Melech, guida spirituale degli ebrei chassidici, vive con la sua numerosa famiglia e, triste per aver perso la terza moglie, decide di dare in sposa la figlia minore, Serele, a Nahum, un giovane di Rachmanivke. Rabbi Melech vuole celebrare il matrimonio il più in fretta possibile perché ha intenzione di risposarsi per la quarta volta con Malkah, un'orfana allevata da zii caduti in disgrazia. Nahum arriva alla corte di Nyesheve estremamente spaventato e inconsapevole di ciò che lo attende, calcolando che sia lui che la sposa hanno quattordici anni. Anche i genitori del giovane non sono d'accordo con tutta questa fretta, ma l'insistenza del burbero Rabbi Melech vince le loro resistenze e le nozze vengono proclamate. Nahum, inizialmente, non adempie ai suoi doveri coniugali e il suocero comincia a spazientirsi, fino a quando il fatto avviene: a questo punto nulla è più d'ostacolo al suo matrimonio. Rabbi Melech pensa di ottenere da Malkah una totale sottomissione, visto il grande favore che le concede unendola a lui, ma la fanciulla è uno spirito libero e non si lascia “domare”. Giunta a Nyesheve, Malkah, proprio come Nahum, sente la mancanza per la sua vecchia città, ma il loro incontro cambierà tutto. I due si sentono attratti l'uno verso l'altra come il ferro da una calamita, anche se Nahum comincia ad avere timore delle pene che possono derivargli dal desiderare una donna sposata; Malkah, al contrario, non fa altro che tormentarlo con le sue mosse seducenti. Questo tira e molla li porterà a cedere alle loro voglie...
La seconda parte del romanzo si apre a Bialogura, nella Polonia russa, in un tempo posteriore rispetto ai fatti precedenti. Qui compare un giovane taciturno e sempre dedito a recitare i Salmi che si fa chiamare Yoshe e che gli abitanti soprannominano Kalb, il “tonto”. Reb Kanah, il custode della sinagoga del luogo, vede il lui un segno del cielo: dandogli dell'ospitalità e credendolo scemo, può sperare di unirlo in matrimonio a Zivyah, la sua figlia ritardata. I suoi piani andranno a buon fine, grazie a un caso fortuito.

Yoshe Kalb è un'opera costruita magistralmente e gli opposti si inseguono di continuo. Si passa, ad esempio, dalla sfarzosa corte di Nyesheve, dove Nahum è sempre dedito allo studio della Kabbalah, al povero Yoshe Kalb, munito solo di una sacca e del libro dei Salmi che recita in continuazione. Ogni personaggio, inoltre, è carico di una forte sessualità che mostra in differenti modi, come quella che investe Nahum, sempre in bilico tra il desiderio più potente e la paura più angosciante, paura dovuta al pensiero delle pene riservate ai peccatori che si lasciano tentare dalla carne.
Il riassunto di Yoshe Kalb non può essere più dettagliato di così, perché i fatti da scoprire e su cui riflettere sono molteplici e di certo non posso rovinarvi la lettura svelandovi tutto! Aspetto un vostro parere ;).

domenica 21 giugno 2015

Libro della guarigione

Oggi vi propongo un'opera di uno dei più importanti filosofi musulmani e commentatori aristotelici medioevali: il Libro della guarigione di Avicenna. Questo libro fa parte del Kitab al Shifa, un'ampia opera divisa in quattro parti: logica, fisica, matematica e metafisica (la materia che ci interessa). Scopo dell'autore è quello di spiegare la filosofia del Maestro Primo (cioè Aristotele) adattandola alla religione.

Per prima cosa, Avicenna afferma che il soggetto della metafisica è l'esistente in quanto esistente; l'esistente è ciò che esiste e la prima cosa a cui esso appartiene è la sostanza, cioè l'unione tra materia e forma. Tutto ciò che esiste è un esistente possibile, cioè un ente causato che diventa necessario grazie alla sua causa, mentre l'Ente Necessario (cioè Dio) non è causato e perciò non ha bisogno di altre cause per essere necessario. A differenza della sostanza, le altre nove categorie aristoteliche (i generi a cui ogni ente può riferirsi) sono accidenti, cioè qualità che non determinano l'essenza dell'ente.
Dopo aver spiegato atto e potenza e ripreso le quattro cause del movimento (formale, materiale, agente e finale), Avicenna arriva ad affermare che le cause sono finite e quindi nessuna di esse è la vera causa dell'esistenza; il Principio Primo di tutto ciò che esiste, infatti, è Dio. Gli attributi di questo Principio sono: Egli è l'Esistente Necessario, è unico, è causa delle quattro cause prime, crea, non ha genere né definizione, è buono e datore di ogni cosa, è il bene puro di per sé, è vero, è un intelletto puro, conosce le cose mutevoli e particolari in maniera universale, la sua volontà è generosità. Ma questo Primo Principio così distante dal suo creato, e soprattutto essendo immobile, come dà la vita e quindi il movimento? L'universo di Avicenna è esattamente come quello aristotelico, cioè formato da diverse sfere che seguono il Principio Primo. Quest'ultimo, attraverso un atto di conoscenza produce un intelletto immateriale; questo intelletto, a differenza del Principio Primo, non pensa solo a se stesso, ma anche a colui che lo ha creato ed ecco qui la prima molteplicità. Da questa prima intelligenza “nascono” altri intelletti, che a loro volta danno vita a delle anime e ovviamente a dei corpi, fino ad arrivare all'intelletto agente che non è altro che il nostro. Noi, quindi, prendiamo vita grazie all'ultima sfera che è quella della Luna, in quanto ci precede e perciò è la causa prossima della nostra esistenza. Attraverso la relazione reciproca che lega l'intelletto agente alle sfere celesti nascono i quattro elementi del mondo sublunare (aria, acqua, terra, fuoco) che rendono possibile la generazione e la corruzione (nascita e morte) dei corpi. Le sfere celesti, invece, sono composte di etere, un elemento nobile ed imperituro, che permette loro di avere un movimento circolare ed eterno; l'eternità di questo movimento è dovuta al loro desiderio costante di riunirsi a Dio.
Avicenna non trascura il problema del male: se il Principio Primo è il bene in sé, com'è possibile che il male possa esistere? Il nostro filosofo afferma che esso è possibile a causa della materia, in quanto è potenza, ed esso deve esserci perché è meglio soffrire un male di breve durata che non soffrire per niente, il che equivarrebbe a non esistere.
L'ultima parte del Libro della guarigione è piuttosto sbrigativo e riguarda la preghiera, la profezia e i doveri del legislatore, dei coniugi, ecc., passando quindi a trattare di filosofia pratica e non più di metafisica.

Mi scuso per la recensione estremamente sommaria, ma riassumere un argomento così vasto in poche righe è un'impresa quasi impossibile. Il Libro della guarigione è un'opera interessantissima e vi consiglio di leggerla, anche se reputo utile aver prima affrontato La metafisica di Aristotele. Per chi non ha mai letto nulla di filosofia potrebbe sembrare un argomento difficile o addirittura sciocco, ma posso assicurare che nessuna delle due cose è vera. Che lo si voglia o no la nostra cultura proviene anche da questo e credo sia bene riscoprire queste radici.

domenica 14 giugno 2015

Giro di vite

Avete paura dei fantasmi? Dopo aver letto Giro di vite di Henry James sono sicura che vi aggirerete per casa con circospezione!

Miss Giddens risponde ad un annuncio di lavoro come istitutrice e, recatasi al colloquio, scopre che il suo datore è un uomo estremamente affascinante. Nonostante egli le dica che non vuole essere assolutamente disturbato per nessuna questione riguardante i nipoti che le verranno affidati, la giovane accetta. Nella grande dimora in campagna di Bly, Miss Giddens deve badare all'educazione della piccola e dolce Flora e instaura amicizia con la governante, la signora Goose, anche se, già durante la prima notte di permanenza nella casa, l'istitutrice avverte una sorta di presenza... All'improvviso ecco arrivare una lettera dal collegio in cui si avverte dell'espulsione di Miles, l'altro nipote, e il suo conseguente arrivo. I due bambini sono dolci, buoni, intelligenti ed affettuosi, ma la pace domestica viene interrotta dall'apparizione di un uomo dai capelli rossi e dal volto pallido, seguita da quella di una donna; dopo aver interrogato la signora Goose si scopre che i due sono il maggiordomo Peter Quint e l'istitutrice Miss Jessel, amanti e morti in circostanze misteriose. I bambini cominciano ad avere atteggiamenti strani e Miss Giddens li osserva con attenzione per proteggerli. Ma le apparizioni incidono sulla vita dei due piccoli più del previsto...

Giro di vite riesce a creare un'atmosfera di tensione che poche opere possono vantare. La paura nasce soprattutto dalle cose non dette, come, ad esempio, il motivo per il quale Miles viene espulso dal collegio, fatto che percorre tutta la narrazione. Perfettamente costruita è la scena in cui Miss Giddens, dimostrando un coraggio eccezionale, esce di casa per “acchiappare” Peter Quint che la osservava dalla finestra: appena è in giardino, proprio nel punto in cui si trovava prima l'uomo, ecco entrare nella stanza la signora Goose che, vedendo la giovane pallida, la crede un fantasma, rovesciando così i ruoli. I bambini poi non sono così innocenti come sembra e il senso di inquietudine non fa altro che aumentare. La povera Miss Giddens vive in una tensione costante, data sia dal timore delle apparizioni, sia dall'apprensione verso i bambini, sia dalla mancanza di sonno, tutti fattori che, a poco a poco, la indeboliscono fisicamente e mentalmente, facendoci sentire il peso del suo affaticamento.

Consiglio questo racconto a tutti e vi posso assicurare che rimarrete incollati alle sue pagine fino alla fine. Un consiglio: appena lo avete terminato, non guardate fuori dalla finestra e non uscite!

domenica 7 giugno 2015

Storia delle mie disgrazie / Lettere d'amore di Abelardo e Eloisa

Qualche tempo fa mi ero già occupata del pensiero di Abelardo, ma, quest'oggi, vorrei parlarvi del suo epistolario e di quello di Eloisa, la donna che gli è stata a fianco (anche se non sempre fisicamente) per tutta la vita.

La prima lettera, inviata ad un amico, viene denominata Storia delle mie disgrazie e Abelardo racconta tutta la sua vita, dalla sua ascesa alla sua terribile caduta. Il nostro sa bene di avere un'intelligenza e una retorica eccezionali, tanto da fargli sottolineare di aver più volte peccato di superbia. Dopo la sua infanzia in Bretagna, Abelardo comincia a girare per la Francia per seguire gli insegnamenti dei più grandi dotti del tempo, maestri con i quali dà di continuo inizio a delle polemiche che lo portano a farsi odiare, ma che aumentano la sua fama a dismisura in tutta Europa. Dopo i suoi successi e l'inizio del suo insegnamento, Abelardo, per calcolo, decide di conquistare la bella e dottissima Eloisa e, per farlo, prende alloggio in casa dello zio di lei. Ben presto tra i due comincia un'intensa passione, soprattutto fisica, e gli effetti di questa relazione sono notati da tutti, soprattutto per la svogliatezza che Abelardo mostra nell'insegnamento, dopo aver finalmente ottenuto la cattedra di Parigi che tanto desiderava. Fulberto, lo zio di Eloisa, è l'ultimo a rendersi conto di ciò che avviene sotto il suo tetto, ma la gravidanza della cara nipote gli apre gli occhi: Abelardo, allora, porta via con sé la sua donna (tra l'altro poco più che sedicenne mentre lui è sulla quarantina) per calmare le acque. L'illustre filosofo e teologo decide di sposare Eloisa, ma a patto che non si sappia, in modo da non nuocergli nella carriera; Eloisa si oppone in tutti i modi a questa unione perché non vuole essere d'intralcio al suo amato, ma ormai la cosa è decisa e avviene. Fulberto, però, non è contento della situazione e si serve di un servo corrotto per evirare Abelardo, fatto che provoca enorme scalpore e segna l'entrata in convento dei due innamorati. Come se non bastasse, Abelardo viene accusato di eresia e, durante il concilio di Soissons, è costretto a bruciare la sua opera più cara, il De unitate et trinitate Dei. Successivamente fonda il proprio monastero, il Paracleto, che donerà ad Eloisa e alle sue monache, mentre le tribolazioni in ambito dottrinale lo tormenteranno fino alla morte.
Le lettere successive sono il carteggio tra Eloisa e Abelardo e qui compare tutta la grandezza della donna. Ella è totalmente consapevole di aver abbracciato la religione solo per volere di Abelardo e che di Dio, in fondo, non gliene importa nulla (siamo nella prima metà del 1100!!!) ed infatti si esprime così: “Sta' pur sicuro che da Dio non mi aspetto alcuna ricompensa, perché so che per amore di lui finora non ho fatto assolutamente nulla” (lettera II). Il desiderio di Abelardo brucia ancora Eloisa di una passione che non riesce a placare e mi sento in dovere di riportare questo lungo passo che vale più di mille spiegazioni: “Per me, in verità, i piaceri dell'amore che insieme abbiamo conosciuto sono stati tanto dolci che non posso né odiarli né dimenticarli. Dovunque vada, li ho sempre davanti agli occhi e il desiderio che suscitano non mi lascia mai. […]. Persino durante la santa Messa, quando la preghiera dovrebbe essere più pura, i turpi fantasmi di quelle gioie si impadroniscono della mia anima e io non posso far altro che abbandonarmi ad essi e non riesco nemmeno a pregare. Invece di piangere pentita per quello che ho fatto, sospiro, rimpiangendo quel che ho perduto. [...]” (lettera IV). E ancora: “La gente loda la mia castità, ma non sa che in realtà io sono un'ipocrita. Mi considerano virtuosa perché conservo pura la carne, ma la virtù è una cosa che riguarda l'anima, non il corpo” (lettera IV). Abelardo, invece, cerca di smorzare questo desiderio e di portare Eloisa ad amare Cristo, sposo più degno di lui. Egli ha ormai intrapreso in tutto e per tutto la strada della fede, nonostante continui ad allacciarsi alla filosofia quando tratta di teologia.

La storia di Abelardo ed Eloisa è fatta di sapere, amore e disgrazie e proprio per questo è grande e pura, tant'è che nella morte, finalmente, si sono riuniti. L'epistolario viene considerato da molti studiosi un falso, a causa di determinate incongruenze e di silenzi su questioni importanti. Ad ogni modo queste sono pagine altissime e consiglio davvero a tutti di assaporarle e di rifletterci sopra.

domenica 31 maggio 2015

Ossessioni, fobie e paranoia

Oggi vi propongo un volume contenente alcuni saggi di Sigmund Freud: Ossessioni, fobie e paranoia, tra i quali compare il famoso Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva. Caso clinico dell'Uomo dei Topi. Le opere qui proposte vanno dal 1894 al 1915.

Freud inizia la sua attività di medico concentrandosi sullo studio dell'isteria: proprio dall'osservazione di diversi casi arriva a postulare l'esistenza dell'inconscio, una parte della psiche posta al di fuori della coscienza e di cui non ci rendiamo nemmeno conto. Al suo interno confluiscono tutti quegli elementi che il nostro Io, cioè la nostra parte cosciente, considera inaccettabili e per questo li “allontana” nell'inconscio tramite un processo di rimozione. La maggior parte dei traumi hanno origine nell'infanzia e, spesso, viviamo o non riusciamo a superare nel migliore dei modi le fasi sessuali che ci accompagnano fin dalla nostra nascita. Proprio in questa mancanza di passaggio “lineare” da una fase all'altra possono nascere l'isteria, la paranoia o la nevrosi ossessiva. Il mezzo più efficace che Freud attua per curare queste psicopatologie è quello della psicoanalisi, quindi attraverso il metodo delle libere associazioni, dell'interpretazione dei sogni e del transfert, cioè il trasferimento sull'analista, da parte del paziente, delle sue emozioni e dei suoi stati d'animo, egli riesce a riportare all'Io i traumi riposti nell'inconscio e, una volta scoperti, tentare una completa guarigione.
I due casi di maggior rilevanza tra le opere facenti parte di questo volume sono senz'altro quelle dell'Uomo dei Topi e quella del dottor Schreber. Il primo è un paziente che soffre di una grave nevrosi ossessiva, cioè è tormentato da pensieri che non riesce a “far tacere”, fatto che condiziona la sua vita intera. Tutte le varie “voci” sentite dal malato non non sono altro che idee che si sostituiscono l'una all'altra. A differenza della fobia che è accompagnata solo da sentimenti di angoscia e di paura, l'ossessione porta con sé moltissimi altri stati d'animo, come l'ira, l'irrequietezza ecc. Studiando il paziente, Freud capisce che egli è sempre in bilico tra i sentimenti di odio e amore verso le persone che più ama, in questo caso il padre e una donna, e, a differenza di una persona sana, non riesce a superare il conflitto che essi generano in lui. Inoltre, egli ha avuto uno sviluppo sessuale troppo precoce, che lo ha portato a non superare appieno le normali fasi della libido.
Per il caso del dottor Schreber, Freud si basa sulle memorie scritte dallo stesso dottore, gesto intrapreso per aiutare quei medici desiderosi di scoprire qualcosa di più sulla paranoia. Mentre nell'ossessione si prova diffidenza verso se stessi, in quanto si ha paura di poter essere in grado di far avverare i propri pensieri, nella paranoia si ha diffidenza verso gli altri e da qui nascono le manie di persecuzione che grande parte hanno in questa patologia. Quest'uomo aveva sviluppato una teodicea tutta sua, inizialmente pensando di essere vittima di Dio e poi, dopo la terapia in una clinica, facendolo diventare suo alleato, mentre il medico curante ha preso il posto del persecutore. All'aggravarsi della malattia, Schreber è arrivato a credere di dover trasformarsi in donna, per poter poi creare una nuova stirpe di uomini. Da questo quadro Freud formula la teoria che il paranoico non è altro che un omosessuale represso e per questo si crea un mondo fittizio; nell'infanzia egli non ha passato la fase narcisistica, rimanendo perciò attratto dalle persone del suo sesso e credendosi superiore nei confronti degli altri.

Devo ammettere che ho sempre studiato e letto Freud con scetticismo perché il suo ricondurre tutto alla libido e, successivamente, anche al principio di morte non mi convinceva appieno. Leggendo questi saggi, però, ho cominciato a cambiare idea perché ho riflettuto su diversi casi da me conosciuti e non posso notare un fondo di verità. Naturalmente non sono uno psicologo e questa materia ha sicuramente fatto dei passi avanti che purtroppo non conosco, ma posso assicurare che leggere questi saggi mi ha costretta a soffermarmi su aspetti che prima credevo “sciocchi”. Vorrei anche sottolineare che Freud afferma che tutti siamo omosessuali, anche se la maggior parte di noi poi si rivolge all'altro sesso, rimanendo però attratti dal nostro per tutta la vita. Freud dimostra questa asserzione parlando della gelosia: ognuno di noi vede come rivali persone dello stesso sesso che noi consideriamo attraenti e per questo pericolose per il nostro partner. Non so se sia vero o meno o se esistano altre spiegazioni, ma credo sia giusto rifletterci e rivolgo questo invito soprattutto a coloro che non fanno altro che dar aria alla bocca giudicando e offendendo (se non peggio) chi non fa altro che amare qualcun altro.

martedì 26 maggio 2015

Il turno

Il brevissimo romanzo che vi propongo oggi è Il turno di Luigi Pirandello.

Marcantonio Ravì vuole sposare la propria figlia, Stellina, con il vecchio Don Diego Alcozèr, vecchio uomo di corte, ex don Giovanni e di nuovo scapolo dopo la morte della quarta moglie. I concittadini di Ravì ritengono questa unione aberrante, ma egli la difende sostenendo che, dopo pochi anni di sofferenza, la figliuola, alla morte del marito, sarà ricca e libera di sposare Pepè Alletto, giovane di discendenza nobile, ma squattrinato e viziato dalla vecchia madre. Stellina piange e grida con tutte le sue forze, ma il giorno del matrimonio arriva inesorabile. Pepè, invitato al ricevimento, lasciatosi in precedenza convincere dalle promesse allettanti fattegli da Ravì, si sente già lui lo sposo e la voglia di far sua Stellina si acuisce dopo un duello combattuto proprio per salvaguardare l'onore di lei. Per avere consigli e aiuti, Pepè si rivolge al cognato, l'avvocato Ciro Coppa, il quale, dopo aver perso la moglie (segregata in casa a causa della sua gelosia) e aver visto Stellina, decide di farla divorziare dal vecchio Don Diego. Pepè è felicissimo perché potrà finalmente avere la sua amata, ma sarà il cognato a portargliela via...

Il titolo dell'opera allude chiaramente all'attesa che il giovane Pepè è costretto a sopportare prima di poter finalmente sposare la bella Stellina. Tutta l'opera è giocata sul “caso” che spadroneggia su tutta la vita umana, vita che è anche un'enorme commedia (e maschere sono tutti i personaggi descritti). Pepè, inoltre, è un inetto, completamente incapace di decidere per sé e facilmente suggestionabile; egli non riesce a controllare nessun evento e si lascia trasportare dal volere di chi gli sta intorno. Non manca neanche la descrizione dell'ipocrisia, come quella della vicina che si oppone a Ravì per difendere Stellina da un matrimonio “contro natura” con Don Diego, ma che poi non mancherà di dimenticare tutte le cose dette e fatte per assicurarsi le ricchezze del vecchio dopo il divorzio.

Il turno è un'opera che mantiene dei toni gai, ma i temi in essa contenuti sono seri: quante unioni sono state e sono tuttora fatte per calcolo ed interesse? Quante persone giudicano gli altri per poi comportarsi allo stesso modo se possono averne un tornaconto? Il turno, però, fa capire benissimo che non tutto ciò che progettiamo va secondo i nostri piani, sia nel bene che nel male, e che siamo un po' tutti ridicoli, vita compresa.

martedì 12 maggio 2015

Nana

Nana fa parte dei venti romanzi che compongono la saga dei Rougon-Macquart. Zola, tramite le vicende di questa famiglia lungo il corso degli anni, vuole dimostrare come il vizio sia trasmissibile ereditariamente e quali siano i suoi effetti nei diversi discendenti.

Il romanzo parte con la descrizione di un teatro che, a poco a poco, si riempie di spettatori, tutti ansiosi di vedere la nuova attrice, Nana. Lo spettacolo inizia e, dopo svariate scene che entusiasmano per poco il pubblico, eccola apparire: bella, giovane, formosa, dalle cosce forti e dalla seducente chioma fulva. Nonostante la totale mancanza di talento, Nana conquista il pubblico solo grazie al suo corpo. Da quel momento la giovane si impone in società, diventando una prostituta di lusso e ammaliando gli uomini più ricchi di Parigi. Dopo una breve parentesi in cui ritorna alla povertà, a causa di una passione per un attore, riesce comunque a risollevarsi, ritrovando il conte Muffat, uomo bigotto, ma incapace di resistere al suo fascino conturbante. Il nobile le regala un sontuoso palazzo a Parigi e la riempie di doni preziosi, contribuendo al suo successo. Nana è infastidita dagli scrupoli religiosi e dalla gelosia dell'amante e, per questo, passa il suo tempo con altri uomini e donne, degradandosi moralmente sempre di più. Le sue fortune, però, non dureranno in eterno...

L'infanzia e la prima giovinezza di Nana sono raccontate per brevi cenni durante lo svolgimento della storia: apprendiamo che il padre era un ubriacone e che lei ha cominciato come semplice e povera fioraia, per poi scoprire il valore del suo corpo. Zola, infatti, la descrive, sia fisicamente che moralmente, come un animale sempre pronto a soddisfare i propri istinti. Nana è egoista, rovina gli uomini che si innamorano di lei come se fosse un gioco, spendendo i loro interi patrimoni e cacciandoli quando ormai non hanno più il becco di un quattrino. Per spiegare il suo atteggiamento verso il mondo, Zola usa questa frase significativa: “Non le bastava distruggere le cose, le voleva sporcare”. Il suo corpo è l'unica cosa che ama e il conte Muffat rimane sconvolto quando lei si osserva nuda allo specchio baciando la sua immagine. Unico altro amore di Nana è il proprio figlio, anche se spesso se ne dimentica a causa delle sue troppe occupazioni. Nana, per concludere, è una ragazza piuttosto stupida, interessata solo a suscitare ammirazione, manipolatrice e insensibile nei confronti degli altri, disposti a tutto pur di renderla felice o di ottenere anche un solo bacio.
Ovviamente non sono solo gli uomini e le prostitute a cedere ai loro appetiti sessuali, ma anche le donne della buona società.

Nana uscì nel 1880 e subito suscitò un grandissimo scalpore e si può ben capirne il motivo. Non posso fare a meno di consigliarvelo, anche se ammetto che a volte si vorrebbe dare alla protagonista una bella lezione per quanto sa essere stronza!

martedì 28 aprile 2015

Che fare?

Il gelo che impera in casa mia mi ha fatto venire in mente la Russia ed ecco il perché del libro di quest'oggi, Che fare? di Cernysevskij.

Vera è una ragazza che vive con angoscia la sua situazione familiare: la madre è talmente abietta che fa di tutto pur di vederla unita al figlio della padrona di casa, senza curarsi dei mezzi da usare per raggiungere lo scopo. Un giorno, il fratellino Fedor comincia a prendere lezioni dallo studente Lopuchov che, inevitabilmente, decide di liberare Vera dal giogo familiare. L'unica soluzione è il matrimonio e i due si sposano di nascosto. Il loro vivere coniugale è alquanto strano: Vera, fin da subito, afferma che devono dormire in due camere separate e che ognuno deve essere libero di fare ciò che vuole. Gli anni trascorrono e la giovane sposa comincia a dar vita ad una nuova organizzazione lavorativa in cui tutte le operaie partecipano degli utili, facendo vita in comune e abitando accanto al luogo di lavoro. Poco a poco però Vera si rende conto di non amare il marito, ma il migliore amico di lui, Kirsanov; Lopuchov, quindi, deciderà di lasciare liberi i due di amarsi...

La storia di per sé è costruita male e non è scritta magistralmente. Ciò che interessa all'autore è il raccontare la “nuova gente”, cioè quella che si è liberata dall'idealismo hegeliano e che ha capito come rinascere sia interiormente che socialmente, tramite il materialismo e l'egoismo. Questa è un'opera politica e lo si capisce anche vedendo la biografia di Cernysevskij, imprigionato nella fortezza di San Pietro e Paolo per le sue idee sovversive (e Che fare? è stato proprio scritto durante la prigionia). L'arte diventa qui il mezzo per poter conoscere e descrivere la realtà in tutti i suoi aspetti.

L'idea è nobile ed è anche interessante raccontare una storia come pretesto per fare un trattato politico e sociale. Secondo me, però, non è ben riuscito per diverse ragioni. Innanzi tutto non ho capito come possano coesistere il materialismo e soprattutto l'egoismo con l'elevazione dell'amore come unione tra due persone. Non ho compreso neanche come una attività produttiva come quella di Vera possa funzionare in maniera così perfetta: se l'uomo agisce per il proprio tornaconto, com'è possibile che cooperi armoniosamente con gli altri? Forse ho perso qualche passaggio oppure sono troppo pessimista. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi e gradirei moltissimo se mi spiegaste questi miei dilemmi :)! Di grande rilievo è il personaggio di Vera perché rappresenta la donna emancipata, colei che si comporta come gli uomini, creando un rapporto di coppia anche in base alle proprie esigenze, e capace di costruirsi un'attività contando solo su se stessa.

Per concludere, posso dire che a livello letterario Che fare? non è di certo un capolavoro, ma a livello di pensiero è importante perché tratta di argomenti necessari per la costruzione di una società più giusta. Ovviamente si può non condividere, ma bisogna sempre apprezzare chi lotta per migliorare le condizioni del proprio popolo e non solo.

martedì 14 aprile 2015

I Fiori del Male

Ogni volta dico di scrivere più spesso e, immancabilmente, sparisco per settimane. Non sono una brava blogger, ma gli impegni mi costringono ad assentarmi più di quanto vorrei. Ad ogni modo rieccomi qui per parlarvi di un'opera meravigliosa e di capitale importanza per la nascita della poesia moderna: I Fiori del Male di Charles Baudelaire.

I Fiori del Male è diviso in sei sezioni (dalla seconda edizione del 1861): Spleen et ideal, Tableaux parisiens, Le Vin, Fleurs du Mal, Révolte e La Mort. I temi trattati nelle poesie sono molteplici e tutti di grande importanza. Innanzi tutto il poeta è in grado di cogliere le corrispondenze segrete che uniscono tutta la natura ma, proprio a causa di questa capacità che lo rende superiore, è bandito dalla società e schernito dagli uomini. Altra grande fonte di dolore del poeta è lo spleen, quel miscuglio di noia e malinconia che attanaglia la sua vita; proprio l'oscillare tra la stagnazione e il desiderio di spiritualità, porta Baudelaire ad un contrasto interiore che gli fa descrivere, spesso con un certo compiacimento, le scene più turpi e macabre. Questo aspetto, e quello del satanismo, sono forse le caratteristiche che più attraggono, ma vorrei sottolineare che nel poeta non sono presenti solo questi fattori (anche se hanno dato vita a poesie sublimi) e, soprattutto, egli usa queste immagini per dare risalto ad idee più profonde e di grande tormento. Non voglio essere pedante, ma, oltre alla forza espressiva dei versi, c'è una capacità di poetare non comune, per esempio nell'uso dell'alessandrino o del sonetto, che fa di Baudelaire un grande tecnico e maestro della struttura. Secondo il mio punto di vista quelle dedicate alle donne sono tra le opere migliori, capaci di descrivere sentimenti e situazioni mai banali e che non cadono nel patetico. Tramite l'amore, il poeta ha cercato la perfezione e una via d'uscita dalla Noia che non gli lasciava scampo. Questo ciclo sulle donne raggiunge vertici altissimi di lirismo, dove la promessa di voluttà che il corpo femminile promette viene descritto tramite profumi, vestiti, tutti elementi che trasformano la donna in qualcosa di artificiale e che la elevano a simbolo. Dopo i più accesi sentimenti, l'amore si tramuta in odio e disprezzo, fino ad arrivare alle invettive ed al sadismo, sottolineando il carattere satanico della donna. So che non è proprio lusinghiero nei confronti del mio sesso, ma non ha importanza: ciò che conta è la bellezza e la forza dei versi.

I Fiori del Male sono un'opera obbligatoria perché attraverso il loro tramite si può arrivare a comprendere lo sviluppo della poesia successiva. In queste poche righe non sono riuscita a spiegare nemmeno un decimo dell'importanza e dei diversi aspetti dei versi di Baudelaire: per questo vi invito a leggerlo o a rileggerlo, in modo da assaporarne tutta la profondità.

domenica 29 marzo 2015

Denti bianchi

Oggi parliamo di Denti bianchi, un'opera dell'autrice inglese Zadie Smith.

Archibald Jones, inglese e incapace di prendere qualsiasi decisione, e Samad Miah Iqbal, bengalese alla ricerca costante di Allah, sono vecchi amici che hanno combattuto insieme durante la Seconda guerra mondiale. Il 1974 segna l'inizio alla storia: Archie, poco dopo aver tentato il suicidio, incontra la bellissima, giovanissima, nerissima, ma senza denti, giamaicana Clara Bowden che, nel giro di pochi mesi, diventa sua moglie. Clara e Alsana, la sposa di Samad, nonostante la diffidenza iniziale, stringono amicizia e ad unirle è la gravidanza. Da questi strani matrimoni, il primo fatto per sfuggire ai testimoni di Geova e il secondo combinato, nasceranno Irie e i due gemelli Magid e Millat. Samad, impegolato in una stramba relazione con l'insegnante di musica dei suoi figli, decide di mandare Magid, uno dei due gemelli, nel suo paese d'origine per allontanarlo dalle tentazioni dell'Occidente e per farlo diventare un vero musulmano, ma questa decisione porterà la sua famiglia allo sfacelo. Millat, invece, diventa un ragazzo bellissimo, dedito alle droghe e alle ragazze bianche; un giorno, però, lui, Irie e Joshua Chalfen vengono scoperti mentre fumano erba. Il preside della scuola decide di farli studiare insieme a casa di Joshua, il cui padre è uno scienziato eugenista, mentre la madre un'esperta di giardinaggio che, innamorandosi di Millat, cerca di aiutarlo in tutti i modi. Il risultato sarà che il gemello “londinese” entrerà a far parte del KEVIN, cioè un gruppo di fondamentalisti islamici. Il ritorno fortemente voluto dalla signora Chalfen di Magid, ormai trasformato in un vero inglese nonostante la sua lontananza dalla Gran Bretagna, complicherà ancora di più le cose.

Le situazioni narrate in Denti bianchi spesso sfiorano l'assurdo, ma non per questo risultano inverosimili. I grandi temi del romanzo sono quelli del razzismo, della religione, del fondamentalismo e del conflitto generazionale. Ogni personaggio proviene da un paese diverso (Archi è inglese, Samad bengalese, Clara giamaicana) e l'incredibile è che non solo si ha un odio tra bianchi e neri, ma anche tra indiani e persone con un colore più scuro di pelle. Alsana, inizialmente, non vede di buon occhio il matrimonio tra Archie e Clara proprio perché quest'ultima è nera. Altro ruolo fondamentale nell'opera lo hanno i vari culti religiosi, che l'autrice descrive con tutti i loro paradossi: basti pensare alla mamma di Clara, una testimone di Geova più che convinta, che attende con ansia la fine del mondo promessa da Dio o la speranza di Samad di poter trasformare almeno uno dei suoi figli in un musulmano perfetto. Questa fede esasperata nella religione non può che portare all'estremismo. Ma il fondamentalismo esce anche dall'ambito propriamente religioso: Joshua, stanco della propria famiglia, diventa attivista in un'organizzazione a favore degli animali, mentre suo padre è completamente votato alla scienza e, in particolare, cerca di soppiantare Dio manipolando geneticamente un topo. Le due generazioni di immigrati tentano disperatamente di rimanere attaccate alle loro radici, ma l'Occidente le schiaccia, creando così in loro una profonda scissione.
I temi del romanzo sono più di questi, ma analizzarli tutti è impossibile.

Denti bianchi è una descrizione, anche se un po' marcata, dei conflitti che lacerano la nostra società e per questo ne consiglio a tutti la lettura.

martedì 17 marzo 2015

I duellanti

Dopo qualche settimana di silenzio rieccomi qui. Nonostante i vari impegni sono riuscita a dedicarmi alla lettura e, ovviamente, non posso non rendervi partecipi!
Oggi ho deciso di parlare de I duellanti di Conrad, un'opera molto breve, ma molto simpatica, che si legge in neanche due ore.

Il tenente D'Hubert è incaricato di arrestare il tenente Feraud che, durante un duello, ha ferito un rispettabile e influente borghese di Strasburgo. Dopo aver interrogato la cameriera del “colpevole”, D'Hubert lo trova a casa di Madame de Lionne: Feraud è furibondo per essere stato portato via durante un evento mondano e, appena giunto nella sua abitazione, sfida a duello il suo “carceriere”. D'Hubert è estremamente perplesso e cerca di evitare uno scontro così inutile, ma, alla fine, le leggi dell'onore non possono essere ignorate e la sfida ha inizio. Il bel D'Hubert ha la meglio e, poche ore dopo, tutti i soldati della guarnigione cominciano a domandarsi le ragioni di ciò che è accaduto. La storia prosegue e i nostri duellanti si ritrovano in diverse occasioni e, nonostante combattano fianco a fianco durante la campagna di Russia (siamo durante l'epoca napoleonica), i due non cessano di provare una sorta di odio reciproco e i loro duelli si susseguono. Tra i soldati ormai sono diventati una leggenda, soprattutto perché nessuno conosce le ragioni di un accanimento così feroce. Naturalmente questi duelli non dureranno per sempre...

I duellanti è un'opera interessante sotto diversi aspetti: prima di tutto, i due personaggi sono legati indissolubilmente da un legame stranissimo che, nonostante li porti a combattere tra loro, li unisce in una sorta di amore che li rende dipendenti l'uno dall'altro. L'ironia di certo non manca, soprattutto nella descrizione degli ambienti borghesi e del sentimento dell'onore, ed è divertente l'atteggiamento di Feraud che vede nei successi di D'Hubert un'offesa verso di sé. Anche le situazioni in cui avvengono i duelli e le persone che a volte assistono fanno sorridere per la loro assurdità.
Nonostante non sia tra i romanzi più famosi di Conrad, vi assicuro che leggere I duellanti è un piacere di cui non dovete assolutamente privarvi!