domenica 1 dicembre 2013

Opere di Niccolò Machiavelli

Ed eccoci arrivati a parlare di uno dei più importanti scrittori italiani: Niccolò Machiavelli. Di seguito troverete delle brevi “pillole” su cinque delle sue opere maggiori. L'edizione che ho (comprata molti anni fa con un quotidiano, quindi non so se si possa ancora recuperare da qualche parte; in ogni caso le opere si trovano tutte anche separatamente) contiene Il Principe, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, una parte de L'arte della guerra, La mandragola, Belfagor arcidiavolo e una raccolta di Lettere.

Il Principe (1513) è una delle opere fondamentali della letteratura e del pensiero italiani, un'opera che è stata studiata e presa come esempio da moltissimi intellettuali. Questo è uno scritto d'occasione, redatto dal Machiavelli per “accattivarsi” i Medici, in modo che lo prendessero al loro servizio e gli ridassero i ruoli da lui occupati durante la Repubblica; la dedica è infatti rivolta a Lorenzo de Medici, nipote del Magnifico, duca d'Urbino. Questo trattato è un'analisi attenta e lucida di come un principe deve mantenere uno stato. Spesso, le tesi riportate, sembrano assolutamente prive di morale, ma a Machiavelli questo non importa: ciò che all'autore interessa è la verità effettuale, cioè un'analisi dettagliata della natura degli uomini e degli stati che non lascia spazio a nessun tipo di utopie o di immagini “mitigate” di come potrebbero andare le cose. Importantissimo è il connubio tra virtù e fortuna. La virtù è l'insieme delle capacità che un principe ha di saper cogliere l'occasione per imporre la realizzazione del suo progetto, contrastando così la fortuna che può essergli avversa, ma che non deve essere da lui subita passivamente (il problema del libero arbitrio non viene totalmente risolto con questa spiegazione dal Machiavelli). Dopo l'analisi dei tipi di principati e di come si mantengono, si passa all'analisi delle diverse milizie, per poi arrivare alle caratteristiche che un buon principe deve avere per mantenere il suo stato.

I Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1519) nascono dopo la delusione del mancato accoglimento delle proposte contenute ne Il Principe da parte dei Medici. Machiavelli comincia così a frequentare un gruppo di giovani intellettuali di tendenze repubblicane, il cui ritrovo sono gli Orti Oricellari. L'opera è dedicata a Zanobi Buondelmonti e a Cosimo Rucellai, entrambi discendenti di importanti famiglie e uomini amanti della cultura e della patria, frequentatori, appunto, degli Orti. In quest'opera Machiavelli prende la storia romana come modello di riflessione da cui trarre le soluzioni per risolvere la crisi politica fiorentina della sua epoca. Infatti, secondo lui, nella storia si attua una specie di ciclicità: uno stato nasce, cresce e decade, ritornando così al punto di partenza. Perché uno stato non incorra in questo circolo vizioso, deve saper rinnovare il momento più costruttivo del suo ciclo, proprio come hanno saputo fare per lungo tempo i Romani. La religione è uno strumento importante perché serve a mantenere sottomessi ed ubbidienti i cittadini. L'odierna Chiesa romana è dannosa, in quanto ha mantenuto l'Italia divisa e ha dato un pessimo esempio ai fedeli attraverso la sua condotta decisamente poco morale; la religione pagana, invece, attraverso i suoi riti, contribuiva all'unità della repubblica romana e per questo era positiva. Anche qui traspare il pessimismo di Machiavelli: le leggi sono necessarie perché gli uomini sono malvagi per natura. Le buone leggi nascono dagli scontri sociali, i quali sono utili al popolo per formarsi e per rivendicare i propri diritti.

L'arte della guerra (1519-1520) è un trattato strutturato come un dialogo tra Cosimo Rucellai, un amico del Machiavelli, altri giovani intellettuali e Fabrizio Colonna, uno dei più famosi condottieri italiani dell'epoca. Fabrizio parla, come dice il titolo, della guerra, prendendo come esempio i Romani dell'età repubblicana; molte tesi da lui esposte sono già state trattate dal Machiavelli nelle opere precedenti.

La mandragola e Belfagor arcidiavolo, sono due opere estremamente divertenti e ben costruite. La prima è una commedia che prende il titolo da un'erba che nel medioevo veniva considerata miracolosa e che presenta, nella forma della sua radice, un'immagine schematica di un piccolo corpo umano. Callimaco desidera far sua Lucrezia, moglie del “sempliciotto” messer Nicia; nell'impresa si farà aiutare dal suo fedele servo, dal furbo Ligurio e dall'immorale frate Timoteo. Nonostante la storia sia semplice nella sua struttura, l'effetto comico è assicurato e si può metterla tra le più importanti commedie del '500 per l'acuta analisi della società in cui viveva il Machiavelli. Belfagor, invece, è una novella satirica sul matrimonio e sulle mogli. Belfagor (nella Bibbia viene descritto come un dio dei Moabiti e dei Madianiti, venerato soprattutto dalle donne) viene mandato da Plutone sulla terra per capire come mai tutti gli uomini che finivano all'Inferno si lamentavano così tanto delle loro mogli. Il demone, acquisite sembianze umane, trova moglie e da lì cominciano tutte le sue peripezie, le quali sono incredibilmente spassose!

Che dire, il Machiavelli era un genio!

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