lunedì 28 aprile 2014

Il vecchio che leggeva romanzi d'amore

Il vecchio che leggeva romanzi d'amore è un breve romanzo di Luis Sepulveda.

Antonio José Bolivar Proano si trasferisce con la moglie a El Idilio; dopo la morte di lei, José va a vivere nella foresta insieme agli indios shuar, i quali gli insegnano a vivere in un ambiente inospitale e gli fanno comprendere la natura che lo circonda. Nonostante il suo legame con questa popolazione, egli non può essere uno di loro e un errore commesso in un momento critico lo porta ad essere esiliato. Tornato a El Idilio vive da solo, continuando a mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti nella foresta e acquistando prestigio agli occhi dei coloni per la sua conoscenza del luogo. Un giorno, però, la sua calma ancorata nei ricordi viene interrotta dal ritrovamento di un cadavere dilaniato da un tigrillo. Antonio capisce che l'animale è addolorato perché il gringo morto gli ha ucciso i cuccioli e ferito il compagno, portandolo a vendicarsi su ogni uomo che incontra. Per porre fine alla rabbia del tigrillo, il sindaco convince Antonio ad occuparsi della faccenda. L'incontro con la belva selvaggia, in realtà, non è altro che una metafora, in quanto la lotta di Antonio non è contro di lei, ma contro se stesso e contro ogni uomo che osa compiere scempi di ogni sorta nei confronti della natura.

Questo breve romanzo è un capolavoro di denuncia contro le inutili violenze dell'uomo che non fanno altro che alterare il normale corso della natura, cosa che gli shuar sanno bene. Antonio lascia di sé un ricordo di forza, ma anche di malinconia, e soprattutto di voglia di sognare, come quando cerca di estraniarsi da tutto leggendo i suoi romanzi d'amore e immergendosi nei ricordi ormai lontani, ma che non può lasciar andare.

mercoledì 23 aprile 2014

Stato e anarchia

Stato e anarchia di Michail Bakunin è sicuramente uno dei libri più importanti del pensiero anarchico, quello che lo ha definito con maggior precisione.

Nonostante l'opera sia un po' sconnessa nell'esposizione degli argomenti, i concetti chiave sono invece espressi chiaramente. In primo luogo, il principale nemico dell'uomo è lo Stato, in qualunque forma esso si presenti, in quanto rappresenta la forza, l'oppressione, il despotismo. Scopo della Rivoluzione Sociale è quello di abbatterlo, per poter costruire una società fondata sulla libertà, sulle libere associazioni di produzioni, sulle comuni e sulle federazioni regionali, organizzata dal basso in alto. La Rivoluzione dovrà scaturire dalla volontà del popolo.

Le critiche di Bakunin sono rivolte contro il comunismo e contro tutti i sistemi reazionari dell'epoca. Acceso è il contrasto con Marx. Bakunin, infatti, critica aspramente la costituzione di una dittatura del proletariato perché essa porterà altra oppressione e creerà una nuova classe di schiavi; la rivoluzione, poi, deve partire dal popolo e non dai “pensatori” del comunismo e, cosa più importante, essa deve coinvolgere tutti, anche i contadini, e non limitarsi solo al proletariato. Inoltre, è inutile, secondo Bakunin, teorizzare già la nuova società nei minimi dettagli, in quanto gli uomini decideranno dopo l'eliminazione dello Stato il modo migliore per organizzarsi.

Quella di Bakunin è un'analisi lucida e chiara dei problemi che affliggono la sua epoca, come la questione slava, la potenza della Prussia, il pensiero comunista ecc. Il tutto è trattato con un largo uso di riferimenti storici a lui contemporanei e non e soprattutto con moltissima ironia nei confronti del “signor Marx” e di altri illustri pensatori, come ad esempio Hegel.

Essendo di parte, non posso far altro che apprezzare una personalità come Bakunin e il suo pensiero, anche se quest'ultimo non lo condivido in ogni suo punto, ma questo è un altro discorso. Ad ogni modo, l'anarchico russo mi dà una sensazione di credibilità che non avverto in altri suoi contemporanei e per questo Stato e anarchia è un'opera importante che serve, ancora oggi, a far riflettere.

venerdì 11 aprile 2014

Il contratto sociale

Il contratto sociale è uno dei testi più conosciuti e importanti di Jean-Jacques Rousseau. Scopo dell'opera è quello di spiegare la nascita della società.

A partire dallo stato di natura, gli uomini si uniscono tramite un contratto: perché nasca la nuova società, ogni individuo deve alienarsi totalmente: solo così si arriva all'uguaglianza, in quanto non esistono più divari tra i componenti del corpo sociale così costituitosi. Il sovrano è popolo ed è a lui, quindi, che spetta il potere legislativo; le leggi sono così espressione della volontà generale, la quale è inalienabile, infallibile e incorruttibile. Il potere esecutivo, invece, è esercitato dal governo, cioè quell'organo intermedio tra il sovrano (l'insieme degli uomini che hanno stipulato il contratto e poi le leggi) e i sudditi (gli stessi uomini che devono però anche sottostare alle leggi che si sono dati). Il popolo, però, a volte non riesce a darsi una buona legislazione ed è qui che interviene il legislatore, colui che costruisce la macchina politica per esso. Inoltre, possono esserci tre “organi” che possono servire da coesione per la macchina politica: il tribunato (che controlla i rapporti tra sovrano e governo), la dittatura (che entra in azione quando lo Stato è in pericolo) e la censura (che si rifà all'opinione pubblica).

Le teorie qui esposte possono valere solo per uno stato molto piccolo, visto che tutto il popolo deve decidere. Nelle scelte vince la maggioranza e la migliore forma di governo, per Rousseau, è l'aristocrazia.

A mio avviso, Rousseau non riesce a dare una risposta soddisfacente al problema di costruire una società giusta in cui prevale la giustizia e non l'interesse personale. Secondo me l'uomo non agisce mai con in mente solo il bene comune e credo che anche lui si sia accorto della difficoltà di questo problema.

Il contratto sociale è un caposaldo della filosofia, un'opera che tanto peso ha avuto durante la Rivoluzione francese e per questo merita un posto in ogni libreria personale!

lunedì 7 aprile 2014

I signori Golovlev

I signori Golovlev racconta la storia dell'omonima famiglia, descrivendone le sue caratteristiche dominanti: ozio, avidità, egoismo e dissolutezze varie. La madre, Arina Petròvna, è una donna meschina, interessata solo alle sue proprietà e che tiranneggia figli e nipoti (per questo personaggio, Saltykov Scedrìn si rifà alla propria madre); il capofamiglia è un uomo malato, inutile, che si vanta di aver conosciuto Barkov (il più noto pornografo russo); i figli, naturalmente, risentono di questo ambiente malsano e ognuno sviluppa una personalità che li porterà inevitabilmente al fallimento.

Il protagonista principale è il penultimo figlio, Porfirij, un uomo ignorante che, con i suoi discorsi vuoti e i continui riferimenti a Dio, tiranneggia le persone, vietando loro di poter esprimersi e di ribattere. Unica sua preoccupazione sono i soldi e, man mano che il racconto procede, i calcoli che fa sui suoi possibili guadagni diventano sempre più assurdi. Anche di fronte alla morte degli altri, il suo pensiero va all'impossessarsi di ciò che gli appartiene come eredità.

In questo romanzo dominano l'egoismo più sfrenato e la morte. I figli non hanno nessun rispetto per i genitori, i genitori non si interessano della prole e pure tra i coniugi non c'è nessun tipo di amore. L'abbrutimento morale investe chiunque, dando un senso di nausea al lettore di fronte a tutto questo marciume.

I signori Golovlev è un'opera priva di buoni sentimenti e di ottimismo; quello che viene descritto è un vortice che porta in un baratro di degrado e meschinità inimmaginabili. Saltykov Scedrin è un maestro nel descrivere la psicologia di questi personaggi e dei rapporti che intercorrono fra loro.

Un capolavoro inquietante!