mercoledì 31 luglio 2013

L'Anticristo

L'Anticristo è un'opera del filosofo Friedrich Nietzsche del 1888, pubblicata nel 1895.

In questo testo due sono i concetti strettamente legati tra loro: quello della morale e quello del nichilismo. Nella filosofia "tradizionale" essi sono concetti antitetici; per Nietzsche, invece, la morale stessa è nichilismo, è nulla, è menzogna! La morale, quindi la religione, si allontana totalmente dalla realtà, creando un mondo trascendente completamente finto e proprio in questo distacco della morale dalla realtà consiste il nichilismo.
 
La morale nasce dalla pretesa di salvare ciò che sta morendo. Il Dio degli Ebrei era un dio legato alla realtà, perchè era concepito antropomorficamente. Quando questa visione venne meno, i sacerdoti ebrei non vollero abbandonare il concetto di Dio e perciò lo "ricrearono", facendolo diventare trascendente e "morale". La moralità e la purezza di questo nuovo Dio sono la dimostrazione che esso non è più reale: queste caratteristiche si fondano quindi sulla sua morte (concetto già espresso ne La gaia scienza, nell'aforisma 125, dove l'"uomo folle" annuncia proprio questo: "Gott ist tot!"). Il Cristianesimo è la continuazione dell'Ebraismo. Per Nietzsche questa religione si fonda sul risentimento: i discepoli di Gesù, e in particolare Paolo di Tarso, rimasti spiazzati dalla morte del loro "maestro", risentiti quindi dalla realtà, hanno deciso di riscattare la sua "sconfitta" ignominiosa, creando il "regno dei cieli". Facendo questo hanno completamente travisato il messaggio evangelico di Gesù. Il Protestantesimo, infine, è la peggiore religione in assoluto. In Italia, durante il periodo della Riforma, c'era la più grande manifestazione della volontà di potenza (cioè di vita, di istinto), basata sulla totale mancanza di elementi metafisici: il Rinascimento; Lutero, con la sua voglia di purificazione della Chiesa, lo ha ucciso. Solo lo scetticismo può aiutare a smascherare tutte queste imposture, a patto che non si trasformi esso stesso in una legge.
 
L'Anticristo è una delle opere di Niezsche più estreme, dove il suo ateismo risulta totale, in quanto colpisce direttamente il concetto stesso di Dio. Dal rifiuto della morale, e quindi dal superamento del nichilismo, si arriverà all'eterno ritorno, cioè quel movimento della volontà che vuole togliere dal passato la metafisica, e poi al celebre Ubermensch, "l'oltre-uomo", cioè l'uomo che riesce a liberarsi dalla natura trascendente che gli è stata imposta.

venerdì 26 luglio 2013

Netocka Nezvanova

Il romanzo Netocka Nezvanova venne pubblicato sulla rivista "Annali Patrii" nel 1849, ma rimase incompiuto perchè Fedor Dostoevskij venne arrestato e deportato. L'autore, successivamente, lo riprese in mano e lo sistemò in alcuni punti, ma decise comunque di non concluderlo. Questo è il primo tentativo di grande romanzo compiuto da Dostoevskij.
 
Netocka narra in prima persona la sua storia, dall'infanzia fino alla giovinezza (momento in cui si interrompe lo scritto). Il romanzo si apre con il racconto della vita del suo patrigno Efimov, musicista geniale ma fallito (biografia che le è stata riferita dall'amico e collega di questi, B.). Il primo ricordo di Netocka è quello della prima carezza datagli proprio dal patrigno e della conseguente scoperta dell'"infinito amore" per lui (non a caso ella lo difende sempre con la madre e il loro rapporto sembra quasi incestuoso). L'infanzia di Netocka, comunque, è segnata dalla miseria, dall'ubriachezza, dalla rabbia del patrigno che, per giustificare il proprio fallimento, incolpa la moglie. Tutto questo finisce nel peggior modo possibile. Netocka passa così l'adolescenza nella casa del principe Ch...ij, dove, successivamente, si lega con una profonda amicizia  alla figlia di questi, la principessina Katja. Anche qui il rapporto che lega le due è molto strano, quasi morboso, per l'eccessivo attaccamento mostrato con baci e carezze costanti. Netocka ha bisogno di affetto ed è questa la causa dei suoi comportamenti. Anche questa vita non dura a lungo e la giovane adolescente deve trasferirsi nella casa di Aleksandra Michajlovna, figlia di primo letto della moglie del principe. Tra Aleksandra e il marito Petr Aleksandrovic c'è un segreto che tormenta il loro rapporto: lei aveva un amante e lui, recitando la parte dell'uomo offeso, glielo rinfaccia costantemente per aumentarle il dolore.
 
Nonostante Netocka Nezvanova sia incompiuto, la storia non risente affatto di questa brusca interruzione. La grandezza di Dostoevskij è già tutta qui: la psicologia di Netocka, in tutte le fasi della crescita (infanzia, adolescenza e giovinezza) è scandagliata perfettamente e accurate sono le descrizioni dei gesti connessi ai suoi bisogni inconsci.  

Netocka Nezvanova dovrebbe essere valorizzato di più perchè, nonostante sia in alcuni punti "debole", è comunque una dimostrazione del genio di Dostoevskij, il quale si svilupperà maggiormente nei grandi romanzi della maturità dell'autore.

domenica 21 luglio 2013

La steppa. Storia di un viaggio

La steppa. Storia di un viaggio è un racconto del 1888 di Anton Pavlovic Checov. A quest'opera Checov lavorò moltissimo e apportò delle modifiche anche dopo la prima pubblicazione avvenuta sul Severnij Vestnik, "Il Messaggero del Nord", di Pietroburgo.
 
Egoruska parte per entrare al ginnasio con lo zio Ivan Ivanic Kuzmicev e padre Critoforo, i quali devono vendere della lana, alla volta della città. Durante il viaggio, il piccolo Egoruska viene affidato ad un convoglio di portatori di lana diretti nella stessa direzione, per poi potersi ricongiungere con lo zio e padre Cristoforo in città. Da qui la narrazione procede lenta, la vita degli accompagnatori di Egoruska è scandita dal mangiare e dal dormire, non succede nulla di particolare. La bellezza di questa descrizione è quella di mostrare la vera steppa, questo luogo immenso e desolato, in cui è la natura a farla da padrone. Il piccolo Egoruska si annoia, ma, nello stesso tempo, è come rapito dal paesaggio che lo circonda. Ogni capitolo che compone questo lungo racconto è come una storia a sè, totalmente compiuto ed è lo stesso Checov a dirlo: "La steppa non assomiglia a un racconto, ma a un'enciclopedia della steppa. Ogni singolo capitolo forma un racconto a sè, e tutti i capitoli sono legati fra loro come le cinque figure della quadriglia, per intima parentela. Così ogni pagina vien fuori compatta come un piccolo racconto...".
 
Dal breve riassunto che ho fatto sembra un'opera "poco interessante", ma posso assicurare che non lo è, anzi, sembra di essere in viaggio con Egoruska e con i suoi compagni: si è totalmente trascinati dal ritmo cullante della narrazione. Con questo racconto, inoltre, si passa dall'"umorismo" che contraddistingue i lavori precedenti dello scrittore, ai grandi racconti dell'età matura che fanno scorgere, dietro un'apparente giocosità, il dolore della vita umana.
 
La steppa. Storia di un viaggio è un capitolo fondamentale nella vasta produzione di Checov. Un cruccio dello scrittore è quello di non essere mai riuscito a scrivere un grande romanzo, ma per me quest'opera può benissimo essere la prova che il romanzo che tanto sognava sarebbe stato di sicuro un capolavoro!

domenica 14 luglio 2013

Uno, nessuno e centomila

Uno, nesssuno e centomila è un romanzo, apparso tra il 1925 e il 1926 sul settimanale "La fiera letteraria" e poi pubblicato in volume nel 1926, di Luigi Pirandello.
 
La vita di Vitangelo Moscarda viene stravolta a partire da un'osservazione della moglie, la quale gli fa notare una serie di lievi difetti fisici. Vitangelo comincia a ragionare che se la moglie, sotto l'aspetto fisico, lo vede diversamente da come egli crede di essere, ciò accadrà anche per gli altri suoi conoscenti e ancora di più per ciò che riguarda la sua interiorità. Ci sono dunque tanti Moscarda quanti sono quelli che lo vedono, a seconda dei momenti, delle disposizioni di ciascuno, ecc. Scopre così di essere per sè "nessuno" perchè l'unità della sua persona si scinde nelle "centomila" immagini che egli offre di sè agli altri. Vitangelo cerca, attraverso degli atti che sembrano folli, di svincolarsi dai giudizi e dalle impressioni altrui, i quali sono sempre parziali e soggettivi, per affermare, attraverso un atto di libera volontà, la propria autentica personalità. Nella parte finale del romanzo, che è narrato in prima persona proprio da Moscarda, il protagonista fa un'importante distinzione tra "vivere" e "conoscere": la vita si muove di continuo, non può essere fissata, non riesce mai a vedere veramente se stessa; al contrario, conoscere è bloccarsi, è avere una visione parziale di come si è prendendola per assoluta, non è la vera vita.
 
Uno, nessuno e centomila è un romanzo sulla solitudine dell'uomo, ma è anche l'accettazione della scomposizione della personalità, quindi è un accettare se stessi liberandosi da tutti i vincoli a cui siamo sottoposti, diventando cioè capaci di vivere senza giudizi o condizionamenti di sorta.
 
Consiglio la lettura di questo breve romanzo perchè apre la mente a degli interrogativi che difficilmente ci poniamo, ma che poi capiamo essere fondamentali per comprendere la nostra vita e ciò che ci circonda.

lunedì 8 luglio 2013

Io sono leggenda

Io sono leggenda è un romanzo del 1954 scritto da Richard Matheson.

Robert Neville è l'unico uomo rimasto sulla Terra: il pianeta, infatti, è stato colpito da un virus che ha "trasformato" tutti in vampiri. Robert vive da solo, barricato in casa e può muoversi solo di giorno, l'unico momento in cui i vampiri sono inoffensivi in quanto sembrano cadere in una specie di coma. L'epidemia gli ha portato via moglie e figlia e il dolore riesce ad attutirsi solo dopo degli anni. In questo periodo Robert ha trasformato la sua casa in una fortezza, in modo da non essere attaccato dagli infetti e, man mano che passa il tempo, comincia a convivere con la sua solitudine. Robert, inoltre, occupa il suo tempo cercando di studiare il più possibile per trovare una spiegazione a quello che è accaduto e una cura al male.

La trama è interessante e il romanzo è scritto in modo asciutto e diretto. Ciò che interessa a Matheson è descrivere l'angoscia provata da Robert Neville, la sua solitudine e il mondo ordinato che cerca di costruirsi intorno per non lasciarsi andare. La psicologia di questo personaggio è scandagliata alla perfezione.

Matheson ha scritto diverse sceneggiature per film importanti e dai suoi romanzi sono stati tratti diversi adattamenti cinematografici. Proprio qualche anno fa è uscita la più recente versione cinematografica di Io sono leggenda con protagonista Will Smith: il film non mi era piaciuto e, dopo aver letto il romanzo, posso ribadirlo con maggior sicurezza. Inoltre, ci sono troppi stravolgimenti della storia originale. Esistono altre due versioni cinematografiche che però non ho mai visto: una è L'ultimo uomo sulla Terra del 1964 e l'altro è 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra del 1971.

Matheson è stato definito uno degli scrittori più importanti del secolo passato e la sua influenza è palese in autori come Stephen King.

Assolutamente consigliato!

lunedì 1 luglio 2013

Ulisse

Ulisse è un romanzo di James Joyce edito a Parigi nel 1922 e pubblicato nei paesi anglosassoni solo nel 1933. Quest'opera è costruita secondo lo schema dell'Odissea e da qui il titolo.
 
Il romanzo è ambientato a Dublino e tutta la vicenda si svolge il 16 giugno 1904. I protagonisti sono Leopold Bloom, l'"Ulisse moderno", il giovane Stephen Dedalus (personaggio già protagonista dell'opera Ritratto dell'artista giovane), che corrisponde a Telemaco, e, in parte, Molly Bloom, moglie di Leopold e che si può paragonare a Penelope. Bloom ospita, al termine di questa lunga giornata, Dedalus in casa sua; il primo è alla ricerca di un "figlio" (il suo unico figlio maschio è morto molti anni prima), mentre il secondo è alla ricerca di un "padre". Joyce, comunque, non è molto interessato alla storia, ma alla struttura del testo: ogni episodio si svolge in una determinata ora del giorno e corrisponde a un canto dell'Odissea; ogni episodio, inoltre, ha il suo centro di sensazioni in una determinata parte del corpo umano ed è contraddistinto da un particolare simbolo; il linguaggio e lo stile cambiano a seconda dell'argomento trattato (per comprendere meglio questi punti, si veda la Guida alla lettura, dove ci sono gli schemi dell'opera scritti da Joyce). Il romanzo raffigura "l'odissea" di due uomini comuni nel corso di una giornata e per questo Joyce si sofferma sulle vicende e sui pensieri dei diversi personaggi. Grande rilevanza ha il capitolo conclusivo dove si trova il celebre monologo interiore di Molly Bloom, la quale, a differenza della Penelope omerica, non è per niente fedele al marito, ma a lui comunque sempre ritorna.
 
Ulisse è decisamente un'opera molto difficile e, a mio avviso, inutilmente lunga. Mi spiego meglio. L'idea dell'opera è geniale ma alcune parti, sempre secondo me, sono troppo ampie e poco pertinenti, non solo con la storia, ma con la struttura stessa del romanzo. Sembra quasi che Joyce si stesse cimentando in un lungo esercizio tecnico. In ogni caso Ulisse è una delle maggiori opere del Novecento e sarebbe bene leggerla, anche se ci vuole molta pazienza.