giovedì 18 settembre 2014

La prigione

Un'altra pillola su un romanzo a noi contemporaneo: La prigione di John King.

Jimmy è un vagabondo che, non si sa con esattezza perché, finisce in prigione, nella terribile struttura delle Sette Torri, situata in un paese straniero non specificato. La vita qui è durissima, anche se viene un po' mitigata dalla conoscenza di Elvis, nel braccio C, e poi di Gesù nel duro braccio B, dove convivono assassini e tossici. Proprio qui compare la figura del Tontolone, un uomo muto intento a costruire una casa di fiammiferi. Nella prigione i detenuti sono stremati a causa del cattivo cibo e dei tormenti dati dai parassiti e, per svolgere le loro normali funzioni corporali, sono costretti ad entrare, attraverso una porta verde, nel “Safari”, cioè la latrina lurida e infestata dai ratti. Jimmy, per salvarsi, si attacca alle proprie memorie, anche se non saranno molto benefiche... Ed ecco che alla descrizione della vita in galera si allacciano i ricordi d'infanzia (resi nel testo con la mancanza di punteggiatura), da cui emergono stralci della sua storia: l'abbandono del padre, i rapporti con la nonna e la madre, Rosie/Ramona. Altro mezzo che ha per evadere è il sognare. Il direttore, dopo aver trasferito Jimmy nel terribile braccio B, decide di mandarlo a scontare il resto della sua pena in una fattoria correzionale, dove erano già stati trasferiti Elvis e Gesù. Qui, però, per abbreviare la propria pena, si è costretti a praticare un lavoro disumano: Jimmy si rende così conto dell'ipocrisia dei suoi amici e si ribella, tornando di nuovo alle Sette Torri, ma con la coscienza a posto e con la sicurezza che, quando verrà rilasciato, uscirà a testa alta, senza aver ceduto ad ignobili compromessi.

La storia de La prigione è piuttosto complessa e allucinata, dando un senso di confusione che solo a poco a poco si dipana. Ogni tanto, secondo me, certe espressioni o richiami tendono ad essere banali e fuori luogo, ma non tolgono nulla alla durezza della storia. Non è di certo un capolavoro, ma è comunque un ottimo ritratto, anche se esagerato nei luoghi e nelle situazioni, del marcio presente nel mondo.

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