Uno, nesssuno e centomila è un romanzo, apparso tra il 1925 e il 1926 sul settimanale "La fiera letteraria" e poi pubblicato in volume nel 1926, di Luigi Pirandello.
La vita di Vitangelo Moscarda viene stravolta a partire da un'osservazione della moglie, la quale gli fa notare una serie di lievi difetti fisici. Vitangelo comincia a ragionare che se la moglie, sotto l'aspetto fisico, lo vede diversamente da come egli crede di essere, ciò accadrà anche per gli altri suoi conoscenti e ancora di più per ciò che riguarda la sua interiorità. Ci sono dunque tanti Moscarda quanti sono quelli che lo vedono, a seconda dei momenti, delle disposizioni di ciascuno, ecc. Scopre così di essere per sè "nessuno" perchè l'unità della sua persona si scinde nelle "centomila" immagini che egli offre di sè agli altri. Vitangelo cerca, attraverso degli atti che sembrano folli, di svincolarsi dai giudizi e dalle impressioni altrui, i quali sono sempre parziali e soggettivi, per affermare, attraverso un atto di libera volontà, la propria autentica personalità. Nella parte finale del romanzo, che è narrato in prima persona proprio da Moscarda, il protagonista fa un'importante distinzione tra "vivere" e "conoscere": la vita si muove di continuo, non può essere fissata, non riesce mai a vedere veramente se stessa; al contrario, conoscere è bloccarsi, è avere una visione parziale di come si è prendendola per assoluta, non è la vera vita.
Uno, nessuno e centomila è un romanzo sulla solitudine dell'uomo, ma è anche l'accettazione della scomposizione della personalità, quindi è un accettare se stessi liberandosi da tutti i vincoli a cui siamo sottoposti, diventando cioè capaci di vivere senza giudizi o condizionamenti di sorta.
Consiglio la lettura di questo breve romanzo perchè apre la mente a degli interrogativi che difficilmente ci poniamo, ma che poi capiamo essere fondamentali per comprendere la nostra vita e ciò che ci circonda.
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