Quella che vi propongo oggi è
una delle opere più controverse delle storia: La favola delle api
di Bernard de Mandeville. La
favola è molto breve e non è neppure un capolavoro della
letteratura, ma, a renderla interessante, sono le note scritte
dall'autore stesso per spiegare le sue sconcertanti teorie.
La
favola descrive un alveare prospero e temuto dalle api vicine; le
abitanti vivono bene, anche quelle più povere. Ogni ape segue il
proprio interesse, circondandosi di lusso e piaceri, ma vede questi
difetti nelle altre e perciò se ne lamenta con Giove; il dio,
allora, le accontenta facendole diventare tutte virtuose. Il
risultato però è incredibile: ogni commercio, ogni arte, ogni
scienza cessano di esistere perché nessuno vuole più vivere nel
lusso e molte api sono così costrette ad emigrare per cercare lavoro
altrove; le poche che rimangono, invece, tornano ad uno stato di
natura precedente a qualsiasi tipo di civiltà. Insomma, la morale
della favola è che la virtù non serve proprio a niente!
Mandeville,
nelle note che corredano il breve testo appena descritto, spiega
dettagliatamente il suo pensiero. Una società, per essere ricca e
prospera, ha un bisogno assoluto del vizio perché è proprio quello
che consente al commercio di muoversi, quindi di produrre ma anche di
inventare. Se ci accontentassimo di ciò che ci è strettamente
necessario, milioni di persone non saprebbero più come vivere. Gli
stessi ladri sono fondamentali perché, grazie a loro, lavorano le
forze dell'ordine, i giudici, i carcerieri, ecc. Per non parlare
della prostituzione: se non ci fossero le donne di piacere, gli
uomini attenterebbero alla virtù delle donne oneste, in modo che
nessuna potrebbe conservarsi illibata per il suo sposo e non potrebbe
sfoggiare la propria pudicizia. Ovviamente bisogna che il vizio venga
controllato e che non degeneri: a questo serve la politica. L'uomo,
essendo per natura vizioso e pigro, deve compiere un grande sforzo
per seguire un minimo di virtù, ma i politici possono alleviargli il
compito adulandolo e biasimandolo, sfruttando così i suoi sentimenti
di vergogna e d'onore. Proprio questi fattori hanno permesso alla
società di nascere, creando un compromesso vantaggioso per l'essere
umano: rispettando qualche regola, esso può soddisfare i propri
desideri senza doversi sforzare troppo. Qualche politico ingegnoso ha
capito tutto ciò e ha spinto gli umani a lavorare per gli altri in
modo che ognuno potesse perseguire i propri fini. La società è
dominata dall'ipocrisia in quanto i pensieri sono liberi ed è
necessario mascherarli per poter continuare ad ottenere il proprio
utile in tutta tranquillità. L'amor di sé dell'individuo, cioè il
suo tener conto di ciò che gli altri pensano della sua persona e il
mostrarsi un uomo d'onore, retto e giusto, è fondamentale per
l'autoconservazione e per non aver nemici, sempre per poter agire
liberamente, anche a danno degli altri. L'uomo può vivere
virtuosamente solo in piccole società composte da pochi membri.
Dall'analisi
di Mandeville emerge un quadro davvero terribile: l'uomo è l'animale
meno adatto alla socievolezza e tutto ciò che fa lo fa per se
stesso. Molti pensatori dell'epoca e non si sono scatenati contro
l'autore della Favola,
ma, pensandoci con attenzione, non si può dargli del tutto torto.
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