Storia di una capinera è un romanzo in forma epistolare del 1869 di Giovanni Verga.
Maria esce dal convento in cui viene educata per trascorrere un'estate con il padre e la matrigna. Durante questa "vacanza", la giovane protagonista commette un peccato che segna l'inizio dei suoi turbamenti e che la porterà alla tragica conclusione della sua storia: essa è colpevole di aver ballato col bel Nino durante una festa e di aver desiderato di abbracciarlo. Nino, però, sposa la sorellastra di lei, la capricciosa Giuditta. Maria è innamorata del giovane e non riesce a darsi pace, nonostante continui a dirsi che è peccato e che lei è fatta per il chiostro.
La storia, all'apparenza semplice, è quella di una ragazza che tenta di reprimere i suoi istinti naturali: ella mente a se stessa coprendo i suoi pensieri e gesti con un apparente senso di innocenza come, ad esempio, quando confida di voler abbracciare Nino "fraternamente". In realtà, la sua è una vera e propria nevrosi, che si manifesta in diversi episodi in cui traspaiono le sue fantasie sadiche (ad esempio, mentre pettina i capelli della sorella, desidera di vederglieli recisi come i suoi). Maria confida tutti i suoi dolori nelle lettere che invia all'amica Marianna; quest'ultima è un personaggio importante perchè rappresenta il suo "doppio": Maria vede in lei una se stessa appagata, felice, gratificata. Grazie a Marianna, Maria può sognare.
Con questo romanzo, Verga si rifà alla cultura tardoromantica (basti pensare al lato patetico e sentimentale della vicenda), ma unisce anche dei tratti più innovativi, come nello svolgimento del dramma della monacazione coatta a cui Maria non riesce a sfuggire.
Nonostante non rientri nei romanzi della maturità artistica del Verga, Storia di una capinera è un'opera che deve essere letta per capire come l'autore sia arrivato al grande "ciclo dei vinti".