domenica 12 luglio 2015

Le Argonautiche

Torniamo indietro nel tempo per parlare di una delle più grandi opere del III secolo avanti Cristo: Le Argonautiche di Apollonio Rodio.

Il re Pelia apprende da un oracolo che il suo potere è in pericolo a causa del nipote Giasone: per toglierlo di mezzo decide di mandarlo in Colchide per recuperare il famoso vello d'oro. Pelia sa che il viaggio è faticoso e che il terribile re Eeta non acconsentirà mai a venire espropriato del suo prezioso avere. Gli dei però sono favorevoli a Giasone e Atena interviene nella costruzione di Argo, la grande nave che dovrà portare nella lontana Colchide i maggiori eroi greci del tempo. Dopo aver completato la nave e aver deciso chi parteciperà all'operazione, si deve scegliere un capo e questo titolo viene conferito proprio a Giasone. Il viaggio di andata è ricco di avventure e durante la traversata alcuni eroi abbandonano la spedizione, come Eracle, il cui destino è un altro. Giunti in Colchide, Giasone si reca da Eeta e cerca di ottenere il vello senza dover combattere; il terribile re è d'accordo, ma a patto che il giovane si sottoponga ad una prova: arare un enorme campo servendosi di tori indomabili ed uccidere gli uomini armati che crescono dai denti di serpente precedentemente seminati. Giasone accetta ma si sente perduto; Era, già preparata ad un rifiuto da parte del re, per evitare che il suo protetto perisca, chiede aiuto ad Afrodite, in modo che convinca Eros a scagliare la sua freccia addosso a Medea, la figlia di Eeta. Il piano va a buon fine ed infatti Medea, appena scorge il bellissimo Giasone, se ne innamora, facendo di tutto pur di aiutarlo; proprio grazie ai filtri e agli incantesimi della fanciulla maga, il capo degli Argonauti riesce a vincere la prova. Sempre grazie alle arti di Medea, il vello d'oro passa nelle mani dei Greci ed ella li supplica di portarla via con loro. Il viaggio di ritorno segue un percorso diverso rispetto a quello di andata e il carattere di Medea si paleserà sempre meglio...

Apollonio introduce importanti innovazioni all'interno del suo poema. Innanzitutto, l'intera opera è pervasa da un forte pessimismo teso a ridimensionare le capacità dell'uomo. Lo stesso Giasone è incapace di comandare, è angosciato dal viaggio impostogli dallo zio ed è totalmente contrario alla guerra, cercando sempre di mediare pur di non dover utilizzare le armi. Medea, al contrario, si sviluppa a livello psichico nel corso della narrazione: inizialmente ella è pudica e tenta di soffocare il nascente amore maledicendo Giasone, anche se in realtà vuole salvarlo. Appena la sorella le chiede aiuto, Medea non esita ad utilizzare questa richiesta come pretesto per intervenire senza mostrare la passione che comincia a divorarla. Ciò che la spinge poi a scappare dalla Colchide non è solo il grande sentimento che la tormenta, ma anche la paura del padre e il senso di colpa per averlo tradito. Medea è capace di orribili inganni e non esita ad uccidere pur di salvare gli Argonauti e di sposare Giasone, fatto da lui promesso dopo aver acconsentito a portata con sé. Ella, inoltre, si rende conto che Giasone non la ama e che l'unica cosa che per lui conta è il vello che costituisce lo scopo del suo viaggio; non a caso la giovane arriva a concepire pensieri violenti e di suicidio pur di smuovere la passività del suo amato.

Le Argonautiche sono un esempio di altissima poesia e vi consiglio di leggerlo; oltre alle numerose avventure, al carattere psicologico dei personaggi e al pensiero pessimistico dell'autore (che spesso interviene direttamente nella narrazione), si cerca di dare anche un fondamento storico ai vari eventi successivi presenti nei miti greci, comprendenti anche i fatti dell'Iliade e dell'Odissea che sono posteriori al viaggio di Argo.

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