venerdì 20 febbraio 2015

Opuscoli filosofici

Con la recensione di oggi si torna alla cara, carissima filosofia. Le opere che propongo sono dei brevi opuscoli di Tommaso d'Aquino, spesso indirizzati a conoscenti o a uomini di cultura che chiedevano un suo parere su diversi quesiti. Tommaso è stato molto importante sia per la filosofia che per la teologia, dando vita a delle opere affascinanti e che dimostrano tutta la sua profondità di pensiero. Unire la filosofia aristotelica al cristianesimo non è un'opera facile, soprattutto dovendo dare delle dimostrazioni razionali a fattori che vengono accolti come puri atti di fede. Come ripeto sempre, non sono credente, ma è importante conoscere la storia del pensiero religioso, perché è anche da lì che proviene la nostra cultura. Mi rendo conto che certe argomentazioni possono sembrare delle cose inutili, ma, finché restano nella dialettica sono più che apprezzabili; quando, invece, prendendo a pretesto pensieri e ragionamenti vari si arriva a scomunicare e uccidere, allora si entra in un ambito abominevole che non deve essere permesso.

Il primo opuscolo che andiamo ad esaminare è I principi della natura (1253-1255). Per l'Aquinate, il divenire si presenta, attraverso la nostra esperienza, sotto due forme: una più superficiale, cioè il divenire accidentale, e l'altra più profonda, cioè il divenire sostanziale. Il primo tipo di divenire ha come principi la sostanza e gli accidenti, mentre il secondo, che riguarda la nascita e la morte degli individui, e quindi la generazione e la corruzione, ha come principi la materia, la privazione e la forma (esempio della statua: marmo = materia, mancanza dell'immagine = privazione, realizzazione della statua = forma). Nelle cose operano quattro cause: materiale (il marmo), formale (ciò in cui il marmo si trasforma), efficiente (lo sculture), finale (la statua compiuta). La causa finale è la più importante perché è la causa delle cause, ciò a cui tutto torna e perciò spiega tutto il divenire della natura: questa causa, nell'ambito del mondo intero, non è altro che Dio.
Il secondo opuscolo è L'eternità del mondo (1271). Tommaso parte dall'ipotesi dell'eternità del mondo e spiega perché essa possa essere possibile. Dio produce le cose senza mutamento, quindi le produce immediatamente, senza bisogno di nessuna deliberazione, in quanto Egli è totalmente libero. Ciò significa che la causa coincide con l'effetto, in quanto avvengono nello stesso momento. Da qui nasce un problema: com'è possibile che un qualcosa nasca dal nulla? Fin dall'inizio della filosofia si è postulato il principio del nihil ex nihilo. Per Tommaso questo ex nihilo va tradotto come “dopo”, cioè va riferito alla natura dell'essere già creato; ciò significa che il mondo abbandonato a se stesso, non avendo in sé la ragione della sua esistenza, precipiterebbe nel nulla.
Ne L'unità dell'intelletto (1270-1271), Tommaso confuta quei pensatori (in particolare gli Averroisti) che affermano che l'intelletto sia una sostanza unica e separata. Per l'Aquinate l'intelletto possibile (quello cioè che possiede tutti i concetti in potenza) è uno per ogni uomo e si può dire che sia separato, non perché sia una sostanza unica, ma perché non si basa su nessun organo di senso. La nostra mente è una tabula rasa e, dalle immagini che si presentano alla nostra fantasia tramite i sensi, l'intelletto agente, tramite l'astrazione, cattura queste immagini e le trasforma in concetti che vengono impressi nell'intelletto possibile. Quest'ultimo diventa allora un intelletto in atto, cioè conoscente in atto.
L'ultimo opuscolo di cui andiamo a parlare brevemente è Le sostanze separate (1267-1268). Tommaso deve spiegare come si sono formati e di cosa sono composti gli angeli, le sostanze separate del titolo. Tutte le creature partecipano dell'essere e dell'essenza; quest'ultima può essere semplice oppure composta di materia e forma. Nel primo caso rientrano gli angeli, mentre nel secondo le sostanze corporee. Dopo questo ragionamento (che ho tagliato un bel po'), si arriva ad affermare che le sostanze separate sono uniche, incorporee, ingenerabili e incorruttibili (quindi create immediatamente seguendo il ragionamento svolto ne L'eternità del mondo), dotate di un'intelligenza intuitiva e di una volontà libera. Gli angeli sono cause seconde (la prima è naturalmente Dio) che cooperano al governo dell'universo e alla provvidenza divina.

Gli argomenti trattati non sono dei più facili, ma, ripassando un po' Aristotele e leggendo con attenzione, si può cogliere senza problemi tutta la grandezza dell'ingegno di Tommaso. Vi consiglio di leggere questi brevi opuscoli. Il cristianesimo, se fosse rimasto a livello di pensiero, sarebbe apprezzato molto di più. Ma purtroppo gli uomini devono strumentalizzare ogni cosa pur di ottenere il potere...

domenica 15 febbraio 2015

Thérèse Philosophe / Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere

Oggi ci allontaniamo un po' dai generi a cui vi ho abituati e ci addentriamo nel mondo dell'erotismo con due opere importanti, famose e all'epoca sconvolgenti: Thérèse Philosophe di Diderot (o meglio, a lui attribuita) e Fanny Hill. Memorie di una donna di piacere di Cleland. Sono testi molto diversi fra loro, ma dei capolavori assoluti del genere che li accomuna.

Partiamo con il nostro Diderot. Thérèse è un romanzo soprattutto anticlericale. Infatti, tutta la narrazione prende il via da un fatto realmente accaduto nella Francia dell'epoca: un gesuita approfitta di una sua giovane penitente e, tramite varie suggestioni, riesce a farla sua in un modo a dir poco osceno. Nel romanzo, la giovane Thérèse (da poco uscita da un collegio religioso dove la madre l'aveva rinchiusa viste le precoci voglie della figlia) fa la conoscenza di Eradice, la quale, estasiata da padre Dirrag, la nasconde in una stanza per farle assistere di nascosto ai suoi esercizi spirituali. Il padre, grazie ad un abile uso delle parole, convince Eradice che deve essere purificata anche dall'interno per poter vivere l'estasi del cielo, e le dice che ciò può avvenire inserendole nella vagina una reliquia del cordone di San Francesco (in realtà un dildo); dopo averla fatta voltare e piegare, la purificazione si compie tramite una reliquia ben più viva e appagante per l'uomo di chiesa. Thérèse è sconvolta, ma nello stesso tempo eccitata da questa visione e il suo masturbarsi riprende più di prima. Successivamente è ospite di Madame C. e scopre i suoi rapporti con un Abate: anche qui Thérèse osserva e impara. Dopo essere arrivata a Parigi e ritrovatasi sola, la protagonista prenderà la via della prostituzione, dove si ritroverà ad avere rapporti con altri rappresentanti del clero, fino a quando conoscerà un Conte di cui diventerà l'amante e a cui sono rivolte le lettere che compongono il romanzo.
Oltre a tutta la parte riferita ai vari rapporti sessuali, interessantissima è la parte filosofica e, non a caso, Thérèse è chiamata proprio “filosofa” fin dal titolo. La giovane osserva, ascolta e soprattutto impara, per poi formarsi dei concetti suoi. I concetti fondamentali sono che tutto è opera di Dio e per questo lo è anche il piacere, il quale non deve essere represso. Noi non siamo liberi ma soggiaciamo alle sensazioni e alla materia e ognuno di noi è portato a compiere ciò per cui è predisposto; solo l'amor proprio, cioè il piacere da sperare o il dispiacere da evitare, è il motore delle nostre azioni. Il peccato, inoltre, non esiste in rapporto a Dio, ma solo in rapporto agli uomini: essendo tutto creato da Dio non può esserci nulla di “sbagliato”, ma sono gli uomini che si formano una propria morale.

Fanny Hill è un romanzo diverso, con meno connotazioni filosofiche, ma estremamente elegante nella descrizione dei vari rapporti; Cleland, infatti, non cade mai nella volgarità. Fanny è una giovane, rimasta orfana, la quale viene condotta a Londra per trovare lavoro: appena giunta nella capitale, però, viene lasciata completamente sola. In una specie di ufficio di collocamento, viene scorta dalla signora Brown, la quale la porta nella sua casa. Qui viene affidata alle mani di Phoebe che le fa vivere diverse esperienze di piacere per poterla poi avviare alla professione di prostituta. Fanny impara molte cose ma, dopo aver assistito ad un rapporto tra uomo e donna, si accorge che anche lei desidera ardentemente di essere penetrata e non solo accarezzata da mani femminili. Ed ecco che un giorno trova addormentato nel soggiorno di casa un bellissimo giovane, Charles, con il quale progetta una fuga. I due riescono ad effettuare il loro piano e, giunti ad una locanda, il giovane rimane incredulo e felice di trovarla vergine. Dopo vari mesi d'amore, il ragazzo viene allontanato dal padre per poter usufruire dei soldi dati al figlio dalla nonna; dopo la partenza di Charles, Fanny è disperata e cade ammalata. L'affittuaria della casa in cui vive, però, si prende cura di lei per poi darla al signor H., cosa che avviene senza troppe difficoltà. Fanny sta quasi per diventare la sua mantenuta ma, dopo averlo sorpreso con la cameriera, decide di vendicarsi dandosi ad un dipendente del suo amante; ovviamente i due verranno scoperti e la giovane sarà cacciata. Per fortuna Fanny finisce nella casa della signora Cole, anche questo un luogo di appuntamenti ma estremamente esclusivo, dove può esercitare la sua professione al sicuro e con uomini scelti. Dopo aver messo da parte del denaro, Fanny decide di abbandonare il suo lavoro e di ritirarsi in campagna; qui salva la vita ad un anziano che, ben presto, la porterà a vivere con sé. Mi fermo qui per non svelarvi il finale.

Questi due romanzi sono dei veri capolavori, sia per lo stile che per i pensieri in essi contenuti. Infatti, i veri romanzi erotici di un tempo non erano solo un'accozzaglia di rapporti sessuali di tutti i tipi fine a se stessi, ma erano ricchi di pensieri sull'epoca, di risvolti filosofici e politici, capaci di arricchire e di portare il lettore a delle riflessioni oltre che accendere la sua immaginazione. Non posso far altro che consigliarvi la lettura di entrambi i romanzi recensiti.

lunedì 2 febbraio 2015

Il ramo d'oro

Mentre cerco di sconfiggere l'influenza, ho finito la lettura de Il ramo d'oro di Frazer. Dell'opera esistono due versioni, una di dodici volumi e l'altra di circa 800 pagine, una sorta di compendio redatto dallo stesso Frazer. Non serve specificare che la mia scelta è caduta sulla seconda.

L'autore cerca di elaborare una teoria partendo da due fatti molto diversi tra loro. Il ramo d'oro del titolo non è altro che quello che la Sibilla consigliò, nell'Eneide, ad Enea di prendere per poter ritornare dal suo viaggio nell'Ade. L'altro fatto è, invece, quello legato all'uccisione del re sacro nel bosco di Nemi, dove colui che voleva succedere nella carica doveva eliminare il sacerdote precedente e raccogliere un ramo da un albero all'interno del luogo consacrato. Scopo dell'autore è quello di dimostrare che questi fatti e tutti quelli che riguardano le varie pratiche magiche, religiose, superstiziose ecc. di tutto il mondo, si possono ricondurre agli spiriti arborei che devono assicurare la prosperità dei raccolti. Frazer, infatti, parte con il descrivere due tipi di magia che si riscontrano tra i “selvaggi”: una è quella omeopatica, la quale si fonda sulla legge per cui il simile genera il simile, mentre l'altra è quella contagiosa, basata sulla legge del contatto, cioè si scatena tramite il contatto reciproco tra un oggetto appartenente all'uomo su cui deve essere applicata e un altro oggetto. Da questa distinzione prende l'avvio l'indagine sul culto della natura, sull'origine dei tabù e vengono messi in relazione diversi importanti personaggi della mitologia, come Osiride, Adone, Attis, Demetra e Dioniso, tutte divinità, secondo Frazer, legate alle morte e alla rinascita delle stagioni. Successivamente l'analisi passa a tematiche più folkloristiche, in cui vengono prese in esame diverse usanze (come quella dell'accendere dei falò in determinati giorni dell'anno), come espellere il male e la funzione del capro espiatorio. Nella parte finale dell'opera, viene presa in considerazione l'anima, vista da diversi popoli come un qualcosa di materiale che può distaccarsi dai corpi, o essere condivisa con un animale o una pianta: il danneggiamento o la morte di questi involucri dove l'anima risiede, conducono alla malattia o alla morte dell'essere umano a cui sono legati.

Frazer mette in relazione tra loro i popoli più disparati e le tradizioni più diverse fra loro e, a volte, le fonti da cui attinge non sempre sono corrette. Ad ogni modo, il lavoro svolto da questo antropologo è pazzesco e soprattutto acuto e intelligente: non importa che le sue conclusioni non siano precise o esatte, ma ricercare e unire i più svariati materiali provenienti da tutto il mondo è un lavoro colossale che va rispettato già di per sé. Acuta, e vera, è anche l'osservazione che magia e religione si incorporano a vicenda e molti dei riti tuttora praticati derivano da usanze pagane antichissime.
Consiglio vivamente di leggerlo, anche perché è scritto in forma romanzata, quindi non è un saggio tecnico e “pesante” e, tra l'altro, è stato pure pubblicato in forma economica a meno di quattro euro!