lunedì 10 agosto 2020

Bestiari tardoantichi e medievali

 «C'è una lucertola chiamata solare, come dice il Fisiologo. Quando invecchia, soffre di disturbi agli occhi e diventa cieca cosicché non vede la luce del sole. Come dunque agisce la sua bella nuova natura? Cerca un muro rivolto a oriente, si infila in una crepa del muro e al sorgere del sole i suoi occhi si aprono e ritornano sani. 

Allo stesso modo anche tu, uomo, se indossi le vesti dell'uomo vecchio [Ef 4,22; Col 3,9] e gli occhi del tuo cuore vedono con difficoltà, cerca il sole nascente della giustizia, il Signore nostro Gesù Cristo, il cui nome è chiamato Oriente nel libro del Profeta [Zc 6, 12] ed Egli aprirà gli occhi del tuo cuore.»

Il Medioevo, secondo me, è un periodo affascinante, anche se molte volte viene visto come un'epoca di povertà, pestilenze e di predominio ottuso da parte della Chiesa. Studiandolo a fondo ci si può accorgere che non è così.

Il primo bestiario, denominato Fisiolofo greco (fisiologo = conoscitore dei segreti della natura), compare nel II secolo d. C. ed è un piccolo trattato scritto in greco che ha lo scopo di spiegare le metafore oscure, presenti nella Bibbia, riguardanti gli animali. Le fonti utilizzate per la sua compilazione sono le più varie: gli zoologi antichi (su tutti Aristotele), i trattati di medicina e opere poetiche. Secondo l'autore anonimo, tutto il mondo è un'immagine del divino e perciò le realtà materiali rappresentano un simbolo che deve essere spiegato, dando così all'uomo la possibilità di ottenere un'istruzione morale e spirituale utile per comprendere Dio. 

I bestiari contenuti in questa raccolta partono proprio con il Fisiologo greco per giungere agli ultimi compilati verso la fine del XIII secolo, data che segna la fine di questo genere. Il metodo di stesura è più o meno lo stesso per tutti: è presente una citazione biblica, gli animali in questione vengono descritti sia a livello fisico che comportamentale, si disvelano i loro significati simbolici e morali. E' interessante notare che compaiono anche pietre come il magnete, ma va ricordato che per gli antichi esse sono dotate di vita e di sesso. Alcuni animali descritti sono fantastici (ad es. la fenice), ma ben radicati nell'immaginario comune, mentre altri, nonostante esistano realmente, sono tratteggiati in modo impreciso, segno che gli autori si basano su voci e non sull'esperienza diretta (ad es. la pantera variopinta). 

I bestiari sono una tesimonianza preziosa per comprendere il pensiero antico e medievale. Il mondo dell'epoca è una mondo vivo, dove ogni essere e ogni cosa ha un particolare significato ed è oggetto di attenzione e studio che permettono di coglierne vizi e virtù. Gli animali sono qui simboli divini che bisogna osservare e rispettare con ammirazione e paura, ma mai considerati semplici macchine, come la tradizione moderna ha imposto. E' un peccato che l'uomo contemporaneo abbia perso questa capacità di cogliere le simpatie e le antipatie che collegano il tutto e sia abituato a guardare il mondo con disicanto. Spesso anche chi si batte in difesa dei diritti degli animali lo fa con un atteggiamento "da salvatore", mantenendo una netta separazione tra lui e ciò che lo circonda. 

Da amante del pensiero antico e medievale vi consiglio caldamente la lettura di questa raccolta e di soffermarvi sulle magnifiche immagini che la corredano.    




domenica 19 luglio 2020

L'uomo che ride


Buongiorno a tutti! Sono passati ben quattro anni dall'ultimo post, ma ho deciso di ritornare, anche se probabilmente non sono mancata un granché! Comunque non mi perderò in chiacchiere e riparto con le recensioni. 

L'uomo che ride è, secondo me, uno dei migliori romanzi di Hugo, anche se di solito si è portati a ricordare soprattutto I Miserabili e Notre Dame de Paris, complici forse i vari film e cartoni animati a loro dedicati. 

Gwynplaine viene abbandonato di notte dai comprachicos (una banda internazionale che si occupa di rapire, far sparire e/o "trasformare" bambini) sulla costa inglese, mentre imperversa una terribile tempesta di neve. Il piccolo vaga alla ricerca di un luogo caldo e sicuro e, lungo la strada, si imbatte in un impiccato e in una donna morta per assideramento, la quale ha attaccata al seno una bimba di pochi mesi che Gwynplaine non esita a prendere con sè. Dopo un lungo girovagare, i due arrivano alla casa ambulante dell'istrione/medico/filosofo Ursus e del suo lupo Homo. L'uomo li accoglie e, nonostante il suo atteggiamento burbero, si adopera per nutrirli e scaldarli, accorgendosi però con sorpresa che il bambino ha un volto deforme atteggiato ad un costante sorriso, opera sicuramente di un esperto chirurgo. 
Gli anni passano e Gwynplaine è ormai un clown di successo, grazie al suo ghigno che suscita ilarità negli spettatori, mentre la bambina trovata al gelo è cresciuta, acquistando una bellezza divina, tanto che Ursus, diventato loro genitore adottivo, le ha dato il nome di Dea. I due giovani si amano teneramente, ma l'idillio si spezza quando un uomo di corte, Barkilphedro, scopre che l'uomo che ride è in realtà il figlio di un ricco nobile morto in esilio... 

La trama è molto più complessa di così e, infatti, questo romanzo, come la maggior parte di quelli di Hugo, tende ad essere particolarmente prolisso ed esagerato o inverosimile in alcuni punti, anche se ciò non toglie nulla al fascino della narrazione. 
Gwynplaine è un reietto che però riesce a creare la sua fortuna proprio sulla sua disgrazia e ad essere felice grazie all'affetto e all'amore di chi lo circonda. La successiva elevazione sociale che subentra dopo il riconoscimento è l'inizio della sua rovina, tanto che il sogno che ha di risvegliare le coscienze dei suoi pari non avrà nessun effetto positivo, ma solo feroci prese in giro causate dal suo volto che tanto gli ha fruttato tra le classi meno abbienti. 
Non mancano i personaggi femminili, basati sulla classica dicotomia tra donna angelo e demone: Dea, la cieca eterea, ama Gwynplaine di un amore sincero e incondizionato, basato sulla conoscenza della sua anima; dall'altro lato c'è Josiane, la ricca, sensuale e perversa, che desidera il mostro per sfizio, per il gusto della trasgressione. 
Hugo sembra chiedere al lettore di riflettere su ciò che si può definire ridicolo: fa più ridere Gwynplaine con la sua eterna risata o i lord che si comportano come buffoni basandosi su etichette inutili che li portano a non interessarsi di ciò che accade loro intorno? Oppure, è da compatire maggiormente il popolo che si diverte assistendo agli spettacoli di un deforme per non pensare alle proprie disgrazie, o chi, per noia, cerca svaghi anche violenti per ingannare il tempo? 

Nonostante la mole vi consiglio di leggere L'uomo che ride e di guardare anche il film omonimo di Paul Levi del 1928. Come potrete trovare su Internet, il personaggio di Gwynplaine sembra aver ispirato Joker, uno dei nemici di Batman.